
Ridare “un volto” all’Europa. “L’Unione europea non è un insieme di edifici né una struttura amministrativa. L’Unione è innanzitutto il mosaico di popoli che la compongono e che si impegnano insieme nel governo del loro destino comune. Il nostro destino è comune, che lo si voglia o meno”. Lo sottolinea fr. Olivier Poquillon, segretario generale della Comece (la Commissione degli episcopati dell’Unione europea), nel giorno in cui hanno inizio le elezioni europee 2019. “Siamo ad una svolta della nostra storia”, dice fr. Poquillon, che da Bruxelles seguirà l’andamento delle elezioni e alla vigilia di questo importante appuntamento, in un’intervista al Sir, auspica: “Possiamo prendere oggi decisioni coraggiose per domani. Avremo in futuro sicuramente dei periodi difficili da vivere. Ciò che speriamo è che queste elezioni possano costituire un Parlamento formato da uomini e donne scelti non per assicurare la vittoria di una parte rispetto ad un’altra ma per lavorare insieme alla ricostruzione dei legami sociali tra tutte le componenti della nostra società europea e costruire il bene comune”. “Il problema di cui soffre l’Unione – osserva il segretario generale della Comece – è che è stata spersonalizzata”. “La vera domanda allora è: che cosa vogliamo fare insieme? È come in un matrimonio: non è più sufficiente stare bene insieme per avere un progetto futuro. Un matrimonio costruito sulla roccia non è fine a se stesso, ma si apre all’altro e si fonda su un progetto comune. Ci possono essere delle diversità, ma – come accade in una famiglia – tutti sono impegnati a costruire insieme, pezzo per pezzo, il destino comune. Invece di subirlo, lo si sceglie e lo si costruisce insieme. È questo il progetto europeo”.