Crisi

Nicaragua: vescovi, “la libertà della persona non ammette scadenze, condizioni o pretesti burocratici”

Un forte appello al cambiamento, al rispetto dei diritti umani, al rafforzamento e all’esercizio pieno della democrazia arriva dalla Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen), in un messaggio intitolato “La gioia pasquale: chiave per leggere la storia della patria attuale”, firmato dai nove vescovi che attualmente esercitano nel Paese il proprio ministero. “La libertà della persona non ammette scadenze, né condizioni, né pretesti burocratici”.
Si legge nel testo, pervenuto al Sir: “Constatiamo con dolore che prosegue la sofferenza del popolo nicaraguense. I detenuti politici, la mancanza di rispetto dei diritti costituzionali, gli esiliati, i rifugiati, coloro che hanno ricevuto asilo politico, la povertà, la disoccupazione, l’insicurezza, il conflitto per le terre e le conseguenze per lo spostamento forzato delle famiglie dell’occidente” nelle riserve ambientali della costa caraibica, “evidenziano che senza la presenza di Dio, che ha posto la sua tenda in mezzo a noi, non abbiamo futuro”.

Nell’esortare a trovare nella Pasqua di Resurrezione la gioia e la speranza, i vescovi esortano a costruire un Nicaragua nel quale: “Tutti siamo capaci di elaborare una visione di cambiamento che porti a una trasformazione qualitativa”, a partire da una visione integrale di pace; “si assuma la centralità della persona umana e della sua dignità come figli di Dio”, ricordando che “l’esercizio della libertà e la dignità dell’essere umano sono anteriori allo Stato” e che, di conseguenza, “ogni persona può esercitare i propri diritti e le libertà pubbliche fondamentali; “rispettiamo e rafforziamo la democrazia e le sue istituzioni”. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, i vescovi chiedono che “gli organi di governo non siano un potere arbitrario”, ma che abbiano la priorità “la supremazia della legge, la divisione dei poteri e il rispetto dei diritti umani”. Questa sfida, conclude il messaggio, è “è moralmente urgente e non più rinviabile”, altrimenti le conseguenze saranno “fatali per il Paese”.