
L’Orto Fai da Noi di Roma, un orto urbano inclusivo, con parte del raccolto che sarà dato al no profit; la Polveriera, un’antica polveriera dismessa e fatiscente oggi laboratorio urbano di Reggio Emilia; il Tortellante, in cui i ragazzi autistici imparano a produrre pasta fresca insieme agli anziani; Leila – la biblioteca degli oggetti, con 5 spazi attivi a Bologna per il prestito; Camilla, un emporio di comunità sempre bolognese, con vendita di alimenti e prodotti fatta dai 400 soci che acquistano e mantengono la struttura; LabSop, progetto di rigenerazione urbana a Trento. Sono i sei progetti presentati dall’area ricerca della Biennale della Prossimità, a Taranto nell’edizione 2019: ma tutti quelli studiati finora si trovano su prossimita.net, alla voce biblioteca. “Ci sono delle precondizioni che ci sembrano fondamentali perché si parli di prossimità: risolvere bisogni sociali e migliorare la qualità di vita dei cittadini, avere una territorialità circoscritta, avere sempre i cittadini come co-protagonisti e collaborare tra diversi attori. Da qui siamo andati a costruire una banca dati, con 250 esperienze di prossimità”, si legge. Dall’indagine condotta è emerso che di prossimità c’è bisogno ovunque, anche dove i servizi alla persona e alla comunità funzionano. Quindi, è una necessità indipendente dalla qualità della vita delle città. Inoltre è stato messo in evidenza che il 38% delle organizzazioni realizza almeno un’iniziativa di prossimità all’anno, mentre è del 15% l’incidenza dei finanziamenti da fondazioni bancarie sulla copertura dei costi dei progetti di prossimità.