Politica

Elezioni europee: dibattito Spitzenkandidaten. Proposte su lavoro, ambiente e giovani. Italia nel mirino

(Bruxelles) Occupazione giovanile, ambiente, fiscalità, relazioni internazionali, democrazia sono stati i temi dei confronti tra i sei candidati alla presidenza della Commissione europea ieri sera a Bruxelles: la voce più isolata quella del conservatore ceco Jan Zahradil (assenti i rappresentanti degli altri gruppi euroscettici), paladino di un’Europa “decentralizzata” e che rispetta i governi nazionali, che “fa di meno e meglio”. Diversi contrasti composti tra Timmermans e Weber, che è stato attaccato più volte anche da Cué per le scelte della Commissione Junker, come sull’ambiente (“il denaro c’è per salvare le banche quindi anche per il clima”), o sulle politiche dell’austerità (che hanno esasperato le persone e hanno fatto rinascere “i fascisti in Italia e Ungheria”). Così per Cué la disoccupazione giovanile si affronta non con le “politiche inefficaci” del passato, ma con “contratti a tempo indeterminato”; Zahradil parla di “misure sartoriali per ogni Paese”, di imprese e investimenti perché “non è la Commissione che crea lavoro”. La danese Vestager invoca “giusta retribuzione per tutti i contratti” e “l’aiuto dai partner sociali” perché si disegnino politiche adeguate. Timmermans elenca: Erasmus per tutti i giovani, salario minimo che sia il 70% del salario medio, rafforzare il programma “garanzia giovani” e introdurre il voto a 16 anni perché i giovani possano esprimersi.
Anche la proposta di Ska Keller chiede che il programma “garanzia giovani” sia vincolante e chiede investimenti mirati. Sull’ambiente sono tutti d’accordo che sia una priorità, ma poi Timmermans propone di tassare le emissioni di Co2 e propone una grande alleanza tra socialisti, liberali, Macron e Tsipras in cui mettere l’ambiente al primo posto. Cué invece vuole tassare le multinazionali e non i cittadini; Weber è preoccupato per le ricadute economiche della transizione alle emissioni zero entro il 2050, mentre Zahradil racconta i progressi compiuti nel suo Paese e dice che la transizione è sostenibile con un “programma realistico”, e trasversale (e propone ad esempio di riorientare i sussidi Pac); per Vestager il tema ambientale è una opportunità anche economica.