(da Assisi) “Un oratorio prega se si lascia interrogare dalla realtà”. A lanciare la provocazione è stato Johnny Dotti, pedagogista e imprenditore sociale, aprendo la terza e ultima giornata del Convegno #ComunitàConvergenti, che si conclude oggi ad Assisi. Partendo dal suo osservatorio del bergamasco, dove ci sono quasi 300 oratori, il relatore ha fatto una sorta di diagnosi degli 8mila oratori in Italia, che a suo avviso rischiano di morire, se non riprendono il contatto reale con un Paese “dove si esce di casa a 35 anni dove l’anno scorso ci sono stati meno matrimoni che nel 1943, dove gli over 65 stanno superando gli under 25”. Citando i “padri” dell’oratorio, San Filippo Neri e San Giovanni Bosco, Dotti ha fatto notare che “in origine l’oratorio non era tanto un luogo: era un tempo educativo, un’urgenza educativa, un senso educativo”. Una tradizione, questa, da recuperare in un contesto in cui “molte famiglie sono allo sbando totale”. “Comunicare la realtà, non ciò che pensiamo sia la realtà”, l’invito di Dotti, partendo dalla capacità di “imparare a dare un nome alle cose”, perché “è da lì che nasceranno nuovi progetti di comunità”. “Per comunicare la realtà bisogna viverla”, gli ha fatto eco Antonio Maria Mira, caporedattore di Avvenire, invocando la necessità di un giornalismo che riprenda il contatto con la vita reale: “Non si può raccontare la Terra dei Fuochi se non si respira l’aria carica di rifiuti, non si può descrivere la condizione dei braccianti immigrati nel foggiano se non siamo disposti ad andare nei loro ghetti in mezzo al fango”. “I numeri sono importanti, ma vanno bene solo se accompagnati dalla storia”, la testimonianza del giornalista.