10° anniversario

Terremoto L’Aquila: Caritas italiana, “messi a disposizione oltre 35 milioni di euro”

Era la notte del 6 aprile 2009. Esattamente dieci anni fa un devastante terremoto ha colpito L’Aquila e diversi altri centri abitati abruzzesi. Paesi come Onna e Paganica sono stati letteralmente rasi al suolo. Nel decimo anniversario del sisma che provocò 309 vittime, Caritas italiana fa memoria di chi ha perso la vita e guarda a quanto fatto in questi anni per aiutare la popolazione locale a rialzarsi. L’obiettivo ultimo – come in ogni grande emergenza – è sempre stato quello di accompagnare i tempi lunghi della ricostruzione, della ritessitura di relazioni e comunità, riassorbimento dei traumi sociali e psicologici, rilancio delle economie locali. Grazie alla solidarietà di quasi 23.500 donatori e della Cei, Caritas italiana ha messo a disposizione delle comunità locali oltre 35 milioni di euro. Significativa in questo senso è stata anche la solidarietà della rete internazionale con più di 60 Caritas estere che hanno contribuito alla ricostruzione. Fondi che sono stati impiegati per interventi di prima emergenza, per la realizzazione di 4 scuole per l’infanzia e primarie, 16 Centri di comunità, 7 strutture di accoglienza, 2 servizi caritativi. Sono state inoltre ripristinate 16 strutture parrocchiali per attività sociali e comunitarie, sono stati avviati progetti di animazione e aggregazione rivolti in particolare ai bambini e ai giovani, progetti sociali a favore delle persone in situazione di grave emarginazione, immigrati, giovani, famiglie. Iniziative queste che – sottolinea Caritas italiana in un comunicato – sono caratterizzate dal valore della solidarietà e dello scambio tra comunità cristiane e Chiese sorelle. Parte della diocesi de L’Aquila è stata colpita anche dal terremoto del Centro Italia del 2016. Anche a questa ulteriore ferita – prosegue il comunicato – Caritas italiana sta rispondendo partendo da un’analisi strutturale e coinvolgendo il protagonismo delle comunità nel proporre e condividere uno sviluppo equo e solidale per evitare lo spopolamento dei luoghi significativi per l’identità delle popolazioni dell’Appennino.