Prediche
Adorare il Signore significa cogliere “un lampo di luce nella notte”, naufragare in un “oceano senza rive e senza fondo”, immergersi “nell’abisso infinito di Dio”. Significa avere la percezione della grandezza, della bellezza, della bontà di Dio e “della Sua presenza che toglie il respiro”. Con queste parole, padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, ha declinato, nella cappella Redemptoris Mater, il tema della quarta predica di Quaresima: “Adorerai il Signore Dio tuo”.
“Se proprio si vuol dire qualcosa per fermare la mente vagabonda – ha osservato padre Cantalamessa, come riferisce Vatican news -, conviene farlo con parole più semplici, più brevi. Per esempio: Amen, Amen. Adorare infatti è acconsentire. È lasciare che Dio sia Dio. È dire sì a Dio come Dio e a se stessi come creature di Dio”.
L’adorazione, aggiunge il predicatore della Casa Pontificia, esige dunque “che ci si pieghi e che si taccia”: “con l’adorazione si immola e si sacrifica il proprio io, la propria gloria, la propria autosufficienza. Ma questa è una gloria falsa e inconsistente, ed è una liberazione per l’uomo disfarsene”. Adorando, si “libera la verità che era prigioniera dell’ingiustizia”. Nell’adorazione, fa notare padre Cantalamessa, “si anticipa già il ritorno di tutte le cose a Dio”.
In realtà, ha precisato, “adorare Dio non è un obbligo, è un privilegio. L’uomo ha bisogno di qualcosa di maestoso da adorare! Non è dunque Dio che ha bisogno di essere adorato, ma l’uomo di adorare”.
La Chiesa conosce una forma particolare di adorazione: l’adorazione eucaristica. “Stando calmi e silenziosi davanti a Gesù sacramentato, o a una sua icona, si depongono i propri progetti per fare posto a quelli di Cristo, la luce di Dio penetra nel cuore e lo risana”.
L’adorazione eucaristica, afferma padre Cantalamessa, è anche “una forma di evangelizzazione e tra le più efficaci”: “Molte parrocchie e comunità che l’hanno messa nel loro orario quotidiano o settimanale ne fanno l’esperienza. La vista di persone che di sera o di notte sono in adorazione silenziosa davanti al Santissimo in una chiesa illuminata ha spinto molti passanti ad entrare e dopo aver sostato un momento a esclamare: qui c’è Dio!”.
La contemplazione cristiana “non consiste nel guardarsi l’ombelico, alla ricerca del proprio io profondo”. È sempre un intreccio di due sguardi e anche se a volte il nostro “si abbassa”, non viene mai meno quello di Dio. La contemplazione di Gesù nel Sacramento dell’altare, ha concluso padre Cantalamessa, è “una profezia, perché anticipa ciò che faremo per sempre nella Gerusalemme celeste. È l’attività più escatologica e profetica che si possa compiere nella Chiesa”.