Omelia

Pasqua: mons. Moraglia (Venezia), “operare per la vita, contro tutto ciò che è odio, violenza e morte”

“Essere discepoli del Risorto significa operare per la vita, soprattutto se intorno a noi crescono parole, gesti e scelte di morte; pensiamo ai tanti morti e feriti di queste ore nello Sri Lanka e in Libia”. Lo ha detto il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, nell’omelia della messa della domenica di Pasqua nella basilica di San Marco. “Il lievito vecchio continua ad operare contro la vita, la verità, la giustizia; in altre parole, contro l’uomo – ha osservato il presule –. Tutto quello che è odio, morte, violenza, discriminazione, male, egoismo, ingiustizia, contrasta la logica della Pasqua che è ‘vincere soccombendo’, la logica e la prassi di Gesù che vince innalzato sulla croce”. Di qui l’incoraggiamento perché “la Pasqua deve rendersi presente in una vita buona secondo il Vangelo che si manifesta anche nelle scelte culturali, vale a dire in leggi buone e in relazioni sociali fondate sulla verità e sul rispetto dei più deboli”. “La Pasqua deve convertirci e manifestarsi anche esteriormente”. Nell’omelia del patriarca un passaggio è dedicato anche a recenti vicende locali: “Recentemente abbiamo constatato, anche nel nostro territorio, che quanto pensavamo non ci appartenesse, ossia il comportamento di chi con l’intimidazione e la violenza assoggetta altri in modo da prevaricare e sostituendosi allo Stato, è ben presente”. Il riferimento è al “potere mafioso che si declina in mille modi nella vita sociale”. “Il Maligno agisce pensando di intimorire e la paura è l’atteggiamento che suscita”. E ha sottolineato, quindi, gli esempi di ritrovato coraggio che, dopo la risurrezione, ha animato apostoli e discepoli di Gesù. Al termine dell’omelia, durante i saluti in più lingue, rivolgendosi ai fedeli in lingua francese, mons. Moraglia ha aggiunto: “Siamo molto vicini alla Chiesa e alla nazione francese per quello che è successo nei giorni scorsi a Notre Dame de Paris, vero tesoro dell’umanità e segno della fede di un popolo e anche della civiltà europea”.