Omelia

Pasqua: card. Betori (Firenze), “necessario uno sguardo che vada oltre per non affogare nel quotidiano”

La necessità di uno “sguardo che vada oltre” per “non affogare nel quotidiano e per dare slancio e profondità alla nostra vita”. L’ha sottolineata l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, nell’omelia della messa del giorno di Pasqua, che ha celebrato nella cattedrale di Santa Maria del Fiore. Il porporato ha subito citato l’“Infinito” di Giacomo Leopardi per segnalare “la tensione che si crea tra il nostro limite, che quella siepe misura, e l’attesa, perfino l’impaurirsi, il timore di ciò che è oltre, di ciò che non ha misura, l’infinito, precisamente”. “È nel far vivere questa tensione, senza perdere i poli da cui essa si crea, che sta il senso di una vita piena”, ha aggiunto il cardinale. Che ha segnalato come se “i nostri giorni pieni di fatti, di cose, di persone, di relazioni, esperienze, se vissute a prescindere dall’altro polo, quello dell’infinito, si finisce per considerarle solo in termini di possibilità, di efficienza, di utilità, di profitto”. È così che, secondo l’arcivescovo, matura “la poca considerazione per la vita nella sua fragilità, in specie al suo inizio e al suo termine naturale; la preoccupazione per la salvaguardia di sé, persona, gruppo di interesse, perfino etnia e nazionalità”. Stesso processo anche per la “disattenzione con cui ci poniamo nei riguardi dell’ambiente”, quasi che “possa esistere a prescindere da noi, senza una responsabilità verso il futuro e, nel presente, verso i più deboli”. Tra gli altri atteggiamenti stigmatizzati, “l’egoismo che ci domina quando mettiamo a tacere le voci dei tanti che soffrono per le guerre, per condizioni di vita inumane, per privazione di diritti e di libertà; la solitudine che amareggia l’età avanzata e la malattia di uomini e donne che hanno dato tanto nella loro vita e non hanno più nessuno a cui appoggiarsi”. Nella Pasqua – ha sottolineato il card. Betori – “si è composta per sempre la tensione del cuore dell’uomo tra il limite e l’infinito, il tempo e l’eterno, la carne e lo spirito, l’uomo e Dio, la tensione di cui quella poesia è testimone e denuncia”. Ma in conclusione il cardinale ha ribadito che “abbiamo bisogno di un cuore colmo d’amore per vedere le tracce del Risorto attorno a noi”. “Non lasciamoci confondere dai rumori di questo mondo”.