Intervista

Terra Santa: mons. Pizzaballa, “la Pasqua abbatte i muri. Abolire la parola nemico”

“Ripartire dalla legge della Croce”: non ha dubbi mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Nell’imminenza della Pasqua, in un’intervista al Sir, dichiara: “dobbiamo ri-attingere dal cuore di Cristo, dal costato ferito, la forza e la freschezza del suo messaggio di pace di cui tutti abbiamo bisogno. Il Medio Oriente e la Terra Santa, in particolare, hanno un problema con la parola pace. Non perché non la vogliano, anzi, ma perché è diventata una chimera. Per questo motivo noi cristiani sentiamo il bisogno, soprattutto quando arriviamo a Pasqua, di fermarci un attimo, di uscire dagli slogan, dalle frasi fatte e guardare alla Pace che nasce sul Calvario, il luogo del perdono di Cristo”. “Pace e giustizia nel linguaggio cristiano sono legati al perdono – ricorda l’amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme –. Giovanni Paolo II disse che non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono. Noi cristiani abbiamo bisogno di ricominciare da qui. La strada è quella della pace e della giustizia”. “Come cristiani – aggiunge l’arcivescovo – abbiamo bisogno di ritrovare il senso di comunità, a partire non dal successo delle nostre imprese ma dalla legge della Croce e dalla potenza della Resurrezione”. Non è “questione di numeri” o di statistiche che attestano la diminuzione della presenza cristiana in Medio Oriente: “Non facciamo diventare i numeri i soli criteri di risonanza e di potenza del nostro discorso. Il messaggio cristiano diventa valido se ha un contenuto, se la qualità della nostra vita e della nostra proposta è alta”. Mons. Pizzaballa invoca “uno stile cristiano”: “il Cristianesimo, nei suoi primi tre secoli, si è espanso nonostante le persecuzioni, grazie alla testimonianza. C’è uno stile cristiano anche dentro questi conflitti e dentro queste ferite che, ribadisco, non tolgono nulla al dolore e non impediscono di invocare giustizia. L’ingiustizia, la sofferenza e la morte non possono diventare il criterio di lettura di tutto ciò che accade in questa area”. Si tratta di uno stile “nonviolento e di incontro”. In Terra Santa, spiega, “abbiamo i muri che non vogliamo. Desideriamo incontrare, dialogare, noi non abbiamo nemici. Nemico è una parola da abolire. Non vogliamo pensare all’altro come ad un nemico. Questi sono solo alcuni dei criteri che definiscono lo stile cristiano che ci immette nel cammino dettato dalla Resurrezione, dalla Pasqua”. L’incontro di Abu Dhabi e in Marocco, mete degli ultimi viaggi di Papa Francesco, “hanno ricadute importantissime sulle comunità cristiane mediorientali” per ciò che riguarda il dialogo con l’Islam. Con gli ebrei l’amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme opera un distinguo: “C’è un rapporto con l’ebraismo e un rapporto con l’ebraismo israeliano. Sono due cose diverse. Il rapporto con l’ebraismo è sereno, non presenta grossi problemi. In Terra Santa non si può prescindere dalla situazione politica che è una sorta di elefante dentro una cristalleria. Ma questo è un motivo in più per dialogare, altrimenti creiamo dei muri. E la Pasqua – conclude – non conosce muri”.