Omelia

Diocesi: mons. Caiazzo (Matera), “Risurrezione significa avere il coraggio di sentirsi sempre più responsabili oggi operando per il bene di tutti”

“Risurrezione significa avere il coraggio di sentirsi sempre più responsabili oggi, agendo e operando per un bene più grande, quello di tutti”. Lo ha detto quest’oggi mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, durante la messa celebrata in Val Basento alla presenza di una folta rappresentanza di operai, dirigenti e responsabili delle diverse aziende presenti nell’omonima zona industriale. “Questi luoghi – ha ricordato mons. Caiazzo – dove lavorate sono la vostra seconda casa. Qui lavorate, qui vivete, qui contribuite a costruire il futuro dei vostri figli, da qui traete il necessario perché le vostre famiglie abbiano una vita dignitosa”. Mons. Caiazzo non ha nascosto le non poche difficoltà che la gente della Basilicata si trova ad affrontare quotidianamente. “Tanti giovani e adulti si sono sentiti traditi da un futuro sempre più incerto e precario – ha detto – questa nostra terra sta vivendo un ‘dissanguamento’ di giovani costretti a lasciare la casa, gli affetti, per trovare lontano un lavoro dignitoso”. Altra urgenza, indicata dal mons. Caiazzo, è la tutela del territorio. “Un’altra sofferenza della quale siamo testimoni è la violenza ambientale perpetrata sulla nostra terra, casa comune – ha ricordato –. Scelte politiche errate fatte in passato, di cui oggi paghiamo lo scotto”. Alla vigilia del Triduo pasquale, l’arcivescovo di Matera ha invitato gli operai a guardare alla luce del Risorto, “per diventare più ricchi di vita”. “È la luce del Risorto – ha sottolineato – che esce dalla tomba della disperazione, delle paure, del pessimismo, dell’indifferenza, della morte. Luce che ci consola e che ci fa sperare in un futuro diverso in cui poter tornare a correre tra prati fioriti, come bimbi spensierati”. Da qui il compito di annunciare che “Cristo è davvero risorto, perché – ha detto – saremo capaci di far rivivere, con l’impegno di tutti, la nostra terra, così ricca e feconda, attraverso politiche progettuali che ricreino il senso di appartenenza ad essa. Se ne saremo capaci, anche attraverso una bonifica seria sapendo dire no allo sfruttamento selvaggio, la nostra casa comune, la terra, ritornerà ad essere gravida di vita. E noi sorrideremo nell’accogliere i bimbi che nascono e piangeremo meno nell’accompagnare i morti”.