Funerali di Stato

Funerali maresciallo Di Gennaro: mons. Marcianò (Omi), “uomo buono, amante del suo lavoro e amato da tutti”

“Un uomo buono, amante del suo lavoro e amato da tutti, capace di stare accanto e far sentire accolti tutti: dall’amico di sempre alla vecchietta che arrivava in caserma sempre con gli stessi problemi; dallo straniero da soccorrere al giovane collega da formare… Per ciascuno un posto nella sua giornata e nel suo cuore. Ma è stato tradito! E tradito da un uomo per il quale egli stava donando la vita. È la quotidianità inquinata contro la quale i nostri Carabinieri combattono, non ad armi pari”. Con queste parole mons. Santo Marcianò, arcivescovo ordinario per l’Italia (Omi), ha ricordato il maresciallo Vincenzo Di Gennaro, ucciso sabato scorso a Cagnano Varano. “È la realtà triste del nostro Sud Italia, terra meravigliosa, tradita da promesse perennemente irrealizzate di promozione sociale, di politiche di sviluppo, di novità imprenditoriali”, ha detto l’arcivescovo castrense, durante i funerali di Stato, svoltisi oggi nella cattedrale di San Severo, alla presenza delle più alte cariche civili e militari. Sud Italia “tradito da una giustizia che sembra soppiantata dall’illegalità, dalla prepotenza, dalla violenza, da una criminalità organizzata che rende vittime sempre più inermi… Tradito dalla corruzione di alcuni suoi figli, vicini come Giuda a Gesù, i quali sembrano volerla consegnare alla distruzione, per smanie di denaro o di potere”. “Una terra spesso tradita, abbandonata, sola” nella quale “risplende ancor più la grandezza del gesto di Vincenzo, segno della sua dedizione incondizionata e della vicinanza autentica degli uomini e donne dell’Arma dei Carabinieri, delle Forze Armate, delle Forze dell’Ordine: talvolta è solo in loro che i cittadini riconoscono la presenza dello Stato!”. Mons. Marcianò si è poi rivolto ai familiari del maresciallo: “Oggi i sogni sembrano irrimediabilmente infranti e resta una realtà straziante, che è fatta di morte ma è fatta pure di amore, più forte della morte”. L’odio dell’omicida “si è infranto; non ha suscitato la stessa risposta omicida e violenta. Si è fermato perché, mentre ha dato la morte, ha trovato la sua morte, ha trovato come risposta l’amore”. “Questo – ha ricordato l’arcivescovo castrense – ha fatto Vincenzo, questo fanno i nostri Carabinieri, spesso purtroppo senza essere compresi e accolti. Nel nostro Paese e persino nei Paesi in guerra, in cui partecipano alle Missioni per la pace, essi combattono l’odio con l’amore; si consegnano alla morte, pur di non essere strumenti di morte. Ogni vita offerta in dono porta con sé la straordinaria misura del perdono, eco misteriosa della misericordia del Signore che, sola, può cambiare i cuori. Davanti a quanto viviamo, il perdono non è facile, è puro dono di Dio e dello stesso Vincenzo: lui lo avrebbe chiesto”. “Se un giorno il suo omicida si dovesse rendere conto del male compiuto e aprire il cuore alla conversione, questo avverrebbe anche per l’amore con cui Vincenzo ha donato la vita per lui. Cari fratelli e sorelle, il male si vince, si sgretola così”. “Ma il male resta male – ha avvertito mons. Marcianò – e non bisogna smettere di denunciarlo e combatterlo, con le armi che la verità, la giustizia e la pace ci mettono in mano. Resta un male che, troppo spesso, è più grande delle semplici intenzioni e vendette del singolo; un male strutturato, un male che è diventato, direi, ‘struttura’ sociale, culturale, politica. Sì, per combattere le strutture di male occorrono strutture di bene. E occorre che il bene abiti, invada le nostre strutture! Grazie, allora, caro Vincenzo, perché sei stato un portatore di bene, nelle diverse realtà e strutture nelle quali si è consumata la tua missione. Grazie perché hai contribuito a portare alla luce il bene nascosto nei cuori di tantissimi cittadini di questa splendida terra e nel servizio mite e pacifico, ma eroico e altamente competente, dei tuoi colleghi, della tua amata Arma dei Carabinieri, famiglia di servi dello Stato”.