
(da Palermo) “Educare al futuro” è il titolo della tavola rotonda che in corso di svolgimento all’interno dell’istituto comprensivo intitolato a don Pino Puglisi. Si inserisce nell’ambito del Convegno nazionale dei direttori degli Uffici diocesani di Pastorale scolastica e per l’Insegnamento della religione cattolica, organizzato dalla Cei, dal titolo “Non c’era neanche la scuola media”. Si sta svolgendo a Palermo, proprio nel quartiere Brancaccio, dove il beato Puglisi visse, operò e fu poi ucciso. A lui sono delicati i lavori e il suo volto sorride ai partecipanti dalle brochure. “E sorride ancora nel vedere che la scuola per la realizzazione della quale si era tanto impegnato raccoglie oggi quanti, in tutta Italia, si occupano di scuola ed educazione. La nascita di questo istituto – spiega Andrea Tommasello, preside dell’Istituto comprensivo di Brancaccio – ha permesso di abbattere la dispersione scolastica, portandola dal 70% al 7%. E oggi, da tutte le diocesi italiane siete qui. Capite? Non si può non credere che lui stia sorridendo!”.
L’immagine della firma di Puglisi in calce al documento che chiedeva una scuola media nel quartiere ha accompagnato l’intervento di Domenico Buccheri, docente di religione che con don Pino lavorava. Nel suo intervento alla tavola rotonda ha portato l’esempio della scuola palermitana, capace di “coniugare la parola educazione con la parola futuro”. Ha descritto il quartiere, ricordando che da lì vicino sono partiti gli attentati mafiosi più feroci: “qui – ha detto – era nascosto il tritolo per gli attentati di Falcone e Borsellino. Ma oggi possiamo dire che la maggior parte di coloro che qui portano a scuola I ragazzi riconosce la valenza educativa dell’istituto. La riconoscono tutti- ha aggiunto Buccheri –, anche i mafiosi che qui portano a scuola figli, nipoti, parenti. Non ci vedono più come controparte, anche se parliamo di legalità, giustizia e antimafia. Sfatiamo un mito – ha proseguito –, per il quale abbiamo un metodo didattico diverso da quello delle altre scuole, un ‘programma per disagiati’: non è vero. Il nostro obiettivo, sul solco dell’insegnamento di don Pino, non è solo istruirli, ma dar loro gli strumenti culturali per poter capire e crescere. Quando è nata la scuola, inizialmente come succursale c’erano 40 alunni: è bastato poco perché si arrivasse a 500 iscritti. E oggi, se da un lato, abbiamo insegnanti pronti ad andare a prendere da casa i ragazzi che non si presentano agli esami di terza media, da un altro abbiamo chi prosegue e, talvolta, arriva fino alla laurea”.