“Non solo siamo alle prese con la cattiva condotta del Governo nazionale e dello stesso Governo regionale, ma anche con molti marachicos, i nostri concittadini, che se ne stanno approfittando”. Lo spiega al Sir lo scrittore Valmore Muñoz Arteaga, già docente all’Università Cattolica e ora al Collegio Tedesco, ma anche volontario Caritas, interpellato sulla situazione che sta vivendo Maracaibo, il secondo centro del Paese, la città che più di ogni altra sta soffrendo per i blackout che hanno flagellato il Venezuela durante il mese di marzo. “Qui per esempio – prosegue il docente – non si trova il bolívar, la nostra moneta, ogni transazione si fa con carta di credito in dollari, per chi li ha. Durante il blackout non è stato possibile, e ora il valore del dollaro è tassato da chi vende. Il dollaro valeva 3.500 bolívares, ora vale ne 1.800, è una cosa perversa, in pratica i prezzi sono raddoppiati in pochi giorni. Molte persone hanno intrapreso un cammino inumano, mons. Romero parlerebbe di ‘uomini inferno’, che non riconoscono Cristo nell’altro. In questa Quaresima stiamo vivendo un vero e proprio calvario. Ma ci sono anche tante persone che si danno da fare, prestano le loro batterie supplementari perché la gente ricarichi il telefono, non chiede nulla, regala acqua, ghiaccio, sono pochi e al tempo stesso molti. Sono quelli che ci fanno andare restare in piedi perché, come dicono i nostri fratelli ebrei, basta che ci sia solo l’aiuto di un uomo giusto perché il mondo valga la pena di esistere. Ogni volto che incontriamo è il volto di Cristo, questo è ciò che cambia la prospettiva del nostro agire. Non è facile prestare servizio di fronte alla situazione di povertà così grande e diffusa. Sono situazioni estreme, difficili da esprimere nel calore di questo inferno. Oggi come oggi mi sento vicino ai fratelli ebrei che hanno vissuto nei campi di concentramento, la sofferenza rompe le barriere e ci fa sentire fratelli”.
Ma i problemi sono enormi, per esempio “l’istruzione di base è perduta, solo in marzo abbiamo avuto cinque giorni di scuola caratterizzati comunque da molte interruzioni della corrente. E questo si unisce al terribile esodo di insegnanti, di docenti, ma anche di studenti universitari. I nostri sono ormai atenei fantasma”.