Le conseguenze dei ripetuti blackout sulle persone sono devastanti. Lo spiega al Sir mons. José Luis Azuaje, arcivescovo di Maracaibo, la città che più di ogni altra sta soffrendo per i blackout che hanno flagellato il Venezuela durante il mese di marzo: “Stanchezza e squilibrio psichico. Non si sa mai quando arriverà la luce e quando la toglieranno. Le persone si scoraggiano perché non funziona nulla. Il Governo ha approfittato di queste mancanze di energia come fattore per disarmare la popolazione, oltre che per mantenerle occupate a cercare cibo e medicine. Devo dire, però, che il popolo nel perde la speranza che ci possa essere un cambiamento politico che permetta a persone serie e amanti della patria di guidare le imprese del Paese e lo Stato”.
La Chiesa è naturalmente immersa in questa situazione, prosegue mons. Azuaje, che è anche presidente della Conferenza episcopale venezuelana: “Tutti i parroci hanno sofferto, le nostre parrocchie non hanno impianti elettrici ausiliari. La Curia, l’Università Cattolica, le 41 scuole gestite dall’arcidiocesi non hanno potuto restare aperte. Si sono bloccati i telefoni e internet non funzionava. Per cercare di dormire, vivendo in una città con una temperatura che oscilla tra i 32 e i 40 gradi, si aprivano le porte e le finestre, con rischi di insicurezza. La Chiesa ha continuato a prestare servizio per quello che era possibile. Le messe sono state celebrate la mattina, per evitare il caldo e l’oscurità, le attività e le riunioni dono state sospese”.