“C’è una straordinaria e inedita convergenza di interesse sul secondo pilastro di finanziamento del servizio sanitario basato su assicurazioni private e varie forme di Welfare aziendale, ma questo secondo pilastro è veramente integrativo, orientato sull’assistenza domiciliare, su cronicità e non autosufficienza, su attività di assistenza sociale e socio sanitaria con valenza territoriale?”. A porre l’interrogativo è Marco Geddes, medico di sanità pubblica, intervenuto oggi a Roma al seminario promosso dalla Caritas diocesana sul tema “La salute sostenibile. Perché dobbiamo ‘permetterci’ un servizio sanitario equo ed efficace”, parafrasi del titolo del suo volume pubblicato nel marzo 2018. Geddes spiega che la spesa per il Ssn rispetto al Pil è oggi del 6,6% ma la previsione per il 2021 sarà del 6,3%. E questo malgrado l’aumento dei bisogni – popolazione che invecchia, aumento dell’incidenza di malattie croniche, incremento di prestazioni e di consumo di farmaci – “con gli accordi via via smentiti tra Stato regioni e strutture sanitarie – afferma – ogni anno per dieci anni, a ciascun cittadino italiano sono stati sottratti dieci euro di finanziamento pro-capite”. Nel Ssn, spiega, “l’attività privata supera quella pubblica per quanto riguarda le Rsa e i farmaci. Il 22% del totale nazionale di 200mila posti letto è privato pur con variazioni tra regioni: in Emila Romagna, Toscana, Veneto la percentuale è più bassa”. “L’aumento dell’out of pocket – prosegue – si è verificato in maniera graduale ed è dovuto principalmente alla lunghezza delle liste d’attesa”. Il ticket, “nato come tentativo di contenere i consumi impropri, è in realtà una tassa sulla malattia non proporzionale al reddito ma al bisogno di salute”. A preoccupare il relatore è la riduzione di 33mila operatori dal 2009 al 2016, “il doppio di quanto accaduto in altri settori pubblici”, e la diminuzione di 21mila medici di medicina generale nei prossimi sei anni, oltre al numero degli infermieri, inferiore ad Austria, Inghilterra, Francia e Germania. La Svezia, spiega, “offre 18 ore di assistenza sanitaria integrata a settimana, noi le offriamo in un anno”.