Viaggi apostolici

Papa in Marocco: card. Parolin, “nel segno dell’incontro e della speranza”

Incontro e speranza. In queste due parole il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin sintetizza il segno nel quale si svolgerà da domani la visita di Papa Francesco in Marocco. “Le attese che sono nel cuore del Papa”, dice in un’intervista ai media vaticani, si possono riassumere “in due espressioni. Una, che gli è molto cara, è quella della ‘cultura dell’incontro’, nel senso che questo viaggio sia una tappa, un momento in cui concretamente si esprime e si consolida anche questa proposta di incontro”. L’altra , “che è un po’ il motto di questo viaggio”, è “servitore della speranza”, di fronte “alla difficoltà di affermarsi di questa cultura, di fronte a quella che il Papa chiama la cultura dello scarto da una parte, la cultura dell’indifferenza dall’altro”. Mi pare, afferma il cardinale, “che il Papa voglia proprio darci una grande speranza, cioè che è possibile camminare sulla strada dell’incontro reciproco. E anche questi viaggi che si susseguono in Paesi che non sono di tradizione cattolica, hanno proprio questo significato”. Bisogna “avere speranza, bisogna ritrovare la fiducia per poter continuare a camminare in questa direzione”. Un viaggio che segue di poco quello negli Emirati arabi uniti con il quale Parolin ravvisa “in un certo senso — pur con le debite differenze evidentemente, perché ogni Paese ha le sue caratteristiche” un “filo di continuità”. “Questo filo di continuità – spiega – lo troverei un po’ nel concetto di fraternità, come, ad esempio, nel documento che il Santo Padre ha firmato ad Abu-Dhabi. È veramente come un fondamento di questa cultura dell’incontro di cui parlavo, cioè il fatto che siamo fratelli e quindi dobbiamo accettarci anche con le nostre differenze, rispettarci e collaborare. Questa è la base della convivenza pacifica che deve esprimersi attraverso un dialogo continuo. Il dialogo interreligioso è sicuramente una delle finalità specifiche di questo incontro”. A partire da questa base, conclude, “mi pare che la fraternità sia il filo rosso che lega questi viaggi, anche in una certa progressione”.