Osservatorio Van Thuân

Islam: Turrini Vita (min. Giustizia), “due progetti europei contro radicalizzazione”. “Comprendere fenomeno religioso come fatto pubblico”

La popolazione carceraria in Italia “è costituita da oltre 60 mila le persone, delle quali  circa 9.685 di cultura islamica, provenienti da diversi Stati”, esordisce il direttore generale della formazione del ministero della Giustizia, Riccardo Turrini Vita,  intervenendo alla presentazione, questa sera a Roma, nella sede di Radio Vaticana, del X Rapporto sulla dottrina sociale della chiesa nel mondo dell’Osservatorio cardinale Van Thuân, dal titolo “Islam: un problema politico” (ed. Cantagalli, Siena 2018). Tra questi detenuti, spiega, il ramadan è pratica diffusa ma non ingenera particolare problemi di gestione anche se a volte i “devoti” hanno reazioni accese verso i più “rilassati”. Per quanto riguarda invece la libertà di culto, “in assenza di intesa con lo Stato italiano, l’amministrazione penitenziaria non ha la possibilità di far venire in carcere un imam, una guida per la preghiera. Sono spesso i detenuti a scegliere qualcuno che lo possa fare, ad autogestirsi”. Per il relatore, “la tendenza a ‘leggere’ il culto islamico con gli stessi parametri di quello cattolico ha creato non pochi fraintendimenti nell’amministrazione penitenziaria. L’uso di lingue sconosciute agli agenti di custodia e al personale carcerario è un ulteriore problema”. Soffermandosi sul fenomeno della radicalizzazione, Turrini Vita richiama due progetti europei contenenti cosiddette ‘azioni di de-radicalizzazione” e un apposito Memorandum approvato lo scorso dicembre. E’ in corso, informa, un progetto denominato “Training training” volto a “migliorare la capacità tecnica di riconoscere e intercettare i segnali che possono portare a radicalizzazione violenta e che coinvolge oltre 1.600 operatori penitenziari”. Il fenomeno religioso, conclude,  “deve essere compreso come fatto pubblico, con le implicazioni giuridiche e politiche che ne conseguono”.