La prima parola che don Luciano Cacciamani, parroco di San Crispino da Viterbo, sceglie per fotografare la parrocchia che domani presenterà al Papa è prossimità: “C’è grande desiderio di portare a tutti una parola buona, di arrivare a far sentire a tutto il quartiere la voce dei gradi valori: l’aiuto al prossimo, il sostegno alle persone in difficoltà, ai malati”, spiega in un’intervista al Sir: La seconda parola è famiglia: “La prima cosa che ho detto ai miei parrocchiani, appena arrivato, è stata: ‘Mi avete accolto come in famiglia, vi ringrazio’”. A San Crispino, prima di celebrare la Messa che concluderà la sua visita, il Papa incontrerà i bambini, i ragazzi, gli adolescenti, alcune giovani famiglie con figli piccoli. Poi sarà la volta di una trentina di senza fissa dimora, assistiti della Caritas e dalla Comunità di Sant’Egidio, con una famiglia rom e italiana che si trovano in difficoltà. Nella stanza a fianco, il Papa si fermerà con alcuni malati e i disabili.“Sono persone che si rivolgono a noi con grande dignità”, spiega don Luciano a proposito dei senza fissa dimora, molti dei quali dormono sotto i ponti tra il Labaro e Prima Porta: “È giusto avere uno sguardo molto attento, collaborare con le istituzioni per fornire le risposte insieme”. Il pranzo con i senza fissa dimora e con i disabili e gli ammalati è una vera e propria consuetudine a San Crispino, non solo in occasione dell’omonima festa parrocchiale, che cade a maggio. Tanto che Rita Cutini, della Comunità di Sant’Egidio, sceglie proprio questa immagine, anch’essa dal sapore squisitamente familiare, per descrivere la realtà della comunità. Non a caso, appena si è saputo che sarebbe arrivato il Papa, il primo gesto dei parrocchiani, insieme al parroco, è stato quello di festeggiare condividendo con loro un momento conviviale.