“Gli ultimi, quelli che Papa Francesco definirebbe scarti dell’umanità rifiutati dal sistema, erano i privilegiati di madre Teresa che con il suo esempio ci insegna che la cura deve essere orientata all’accoglienza di tutti. Lei, che in molti casi li raccoglieva nelle sue strutture solo per accompagnarli ad una morte degna, ci insegna a farci carico di tutti, accogliendo e tutelando la vita in ogni suo stadio e condizione”. In un’intervista al Sir, don don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, parla della XXVII Giornata mondiale del malato che ricorre l’11 febbraio e quest’anno si celebra a Calcutta. Icona madre Teresa che “si è fatta carico di chi,secondo i parametri correnti,non aveva alcuna qualità di vita: lei gliel’ha data attraverso il suo amore”. E chi “percorre il suo ultimo tratto di vita sentendosi amato ha una qualità di vita altissima”, assicura Angelelli. E con riferimento alla pastorale integrata sul territorio spiega che a fronte del modello prevalente di domiciliarità delle cure per anziani e pazienti cronici, “molte persone si trovano a dover affrontare sofferenza e malattia senza alcun sostegno, con grande stress per loro e per i familiari. Mancano servizi sanitari territoriali adeguati, servizi domiciliari, sistemi di accompagnamento anche economico”. Di qui l’importanza che la pastorale della salute e delle parrocchie si faccia carico di queste fragilità. “Occorre attivare nelle nostre parrocchie – afferma – le migliori risorse: ministri straordinari della comunione, volontari e associazionismo cattolico per costruire una rete di vicinanza, accoglienza e sostegno a malati e anziani soli” perché nessuno “deve più sentirsi abbandonato”.