“Praticare la ‘cultura dell’incontro’, se si vuole davvero rimanere fedeli al Signore che oggi ci chiama ad accompagnare tanti fratelli e sorelle battezzati che si trovano in situazioni di fragilità nella propria famiglia e desiderano con tutto il cuore riconciliarsi con Dio nella sua Chiesa”. Lo ha auspicato il vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, nella sua prolusione pronunciata stamani in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese. Soffermandosi sul caso dei divorziati risposati, il presule ha affermato che Amoris laetitia “è molto chiara nell’indicare la meta verso cui dirigersi: procedere assumendo la logica dell’integrazione guidata dalla misericordia”, ma non “un permesso generalizzato per accedere ai sacramenti”. “In questa logica Amoris laetitia compie un passo in avanti rispetto a Familiaris consortio considerando la possibilità che a questi fedeli siano affidati dei compiti ecclesiali”, ha evidenziato il presule. Un impegno che per i pastori comporta “la capacità di leggere la storia personale di ognuno alla luce della Parola e nell’ampio contesto della misericordia di Dio”. Infatti, i primi a sentirsi chiamati in causa sono, secondo mons. Semeraro, “quelli che hanno avuto l’incombenza della cura animarum e hanno perciò il dovere di dare un senso pieno a questa parola così grave qual è la cura”. “Con i sacerdoti, anche gli operatori pastorali e tutti gli altri fedeli sono chiamati a condividere lo stesso sguardo misericordioso di chi pone la propria vita a favore dei fratelli, accompagnando con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno”.