“Vediamo, purtroppo, i gravi danni causati al pianeta, nostra casa comune, dall’impiego indiscriminato dei mezzi tecnici. Per questo la bioetica globale è un fronte importante su cui impegnarsi”. È l’invito che stamattina Papa Francesco ha rivolto ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la vita, che ha luogo da oggi al 27 febbraio. “Nel mondo di oggi, segnato da una stretta interazione tra diverse culture – ha evidenziato il Pontefice -, occorre portare il nostro specifico contributo di credenti alla ricerca di criteri operativi universalmente condivisibili, che siano punti di riferimento comuni per le scelte di chi ha la grave responsabilità di decisioni da prendere sul piano nazionale e internazionale. Questo significa anche coinvolgersi nel dialogo che riguarda i diritti umani, mettendo chiaramente in luce i loro corrispettivi doveri. Essi costituiscono infatti il terreno per la ricerca comune di un’etica universale, su cui ritroviamo molti interrogativi che la tradizione ha affrontato attingendo al patrimonio della legge naturale”.
“L’intelligenza artificiale, la robotica e altre innovazioni tecnologiche devono essere impiegate in modo da contribuire al servizio dell’umanità e alla protezione della nostra casa comune invece che per l’esatto opposto, come purtroppo prevedono alcune stime”, ha ribadito il Santo Padre, che, poi, ha posto l’accento su un rischio: “La denominazione di ‘intelligenza artificiale’, pur certamente di effetto, può rischiare di essere fuorviante. I termini occultano il fatto che – a dispetto dell’utile assolvimento di compiti servili (è il significato originario del termine ‘robot’) –, gli automatismi funzionali rimangono qualitativamente distanti dalle prerogative umane del sapere e dell’agire. E pertanto possono diventare socialmente”. Allora, “dobbiamo comprendere meglio che cosa significano, in questo contesto, l’intelligenza, la coscienza, l’emotività, l’intenzionalità affettiva e l’autonomia dell’agire morale. I dispositivi artificiali che simulano capacità umane, in realtà, sono privi di qualità umana. Occorre tenerne conto per orientare la regolamentazione del loro impiego, e la ricerca stessa, verso una interazione costruttiva ed equa tra gli esseri umani e le più recenti versioni di macchine”. Se sapremo far valere anche nei fatti questi riferimenti, “le straordinarie potenzialità dei nuovi ritrovati potranno irradiare i loro benefici su ogni persona e sull’umanità intera”.