Giustizia: Marelli (Cnca), “no all’abbassamento dell’età imputabile da 14 a 12 anni”

“I problemi che alcuni minorenni manifestano con comportamenti violenti o devianti non possono essere trattati con il ricorso al carcere, ma piuttosto con politiche e interventi sociali ed educativi appropriati”: lo dichiara Liviana Marelli, responsabile Infanzia e adolescenza del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca). “Il disegno di legge presentato alla Camera dei deputati, che intende abbassare l’età imputabile da 14 a 12 anni – osserva -, è inaccettabile per diversi motivi. In primo luogo, contrariamente a quanto dichiarato nella relazione di accompagnamento al ddl, non c’è alcuna emergenza criminale che riguardi i minorenni: il tasso di minorenni denunciati nel nostro Paese è molto più basso di quanto riscontrato in parecchi altri Paesi europei e il livello della recidiva minorile in Italia risulta essere fra i più bassi d’Europa”. Per questo, “è inopportuno e sbagliato affrontare casi specifici, e circoscritti, che hanno colpito l’opinione pubblica chiedendo un cambiamento di sistema che non trova alcuna giustificazione e che non tiene conto dell’esperienza condotta in questo ambito sia dalla magistratura minorile sia dagli operatori del settore”.
“È evidente, poi – continua Marelli -, che la gran parte delle situazioni che hanno rilievo sui media evidenziano le gravissime responsabilità dello Stato circa l’assenza o l’insufficienza di investimenti per le politiche sociali a favore di minorenni, famiglie e contesti sociali determinati, in materia di prevenzione, inclusione, educazione. La colpevole assenza di sostegno alle comunità locali, agli ambienti di crescita, all’educazione (scuola in primis), alla formazione, e l’assenza di futuro e di prospettive credibili che si riscontrano in particolar modo in alcuni contesti non si possono risolvere fomentando paure e ricorrendo a pseudo-risposte di ordine penale – punitive e detentive – per bambini di 12 e 13 anni”.
“Infine . conclude Marelli -, va ricordato che già esistono oggi, nell’ordinamento, forme di intervento per i bambini di età inferiore ai 14 anni che manifestano difficoltà o atteggiamenti a rischio sociale, come l’inserimento in comunità educativa. Invece di prevedere misure punitive per i bambini, occorre piuttosto sostenere gli adulti nel loro ruolo educativo e ampliare il ricorso a forme alternative alla detenzione e di giustizia riparativa per tutti i minorenni inseriti nel circuito penale”.