6° RAPPORTO

Agromafie: Coldiretti/Eurispes, allarme “mafia style” dai ristoranti al web. Prandini, “marchi e stereotipi che banalizzano il fenomeno”

Dai ristoranti al web per finire nei piatti di mezzo mondo, è allarme “mafia style” per l’agroalimentare italiano con milioni di euro di giro d’affari generati dall’uso di nomi legati alla criminalità. E’ quanto emerge dallo scaffale del mafia sounding nel mondo allestito da Coldiretti in occasione dell’odierna presentazione a Roma del 6° Rapporto agromafie sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Il ristorante parigino “Corleone” di Lucia Riina a Parigi, la figlia del defunto boss è solo l’ultimo arrivato, ma nel mondo sono numerosi gli esempi di marketing legati alla mafia: la catena di ristoranti spagnoli “La Mafia” (“La Mafia se sienta a la mesa”) che fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari; “Cosa Nostra” dal Messico a Sharm El Sheik, dal Minnesota alla Macedonia; a Phuket in Thailandia c’è addirittura un servizio take-away. Ma nei diversi continenti ci sono anche i locali “Ai Mafiosi”, “Bella Mafia” e “Mafia Pizza”. In Norvegia sul sito della Tv pubblica il celebre cannolo siciliano è stato presentato come “Mafiakaker eller cannoli”, ossia “Il dolce della mafia, i cannoli”. In Bulgaria si beve il caffè “Mafiozzo”; gli snack “Chilli Mafia” si possono comprare in Gran Bretagna, mentre in Germania si trovano le spezie “Palermo Mafia shooting”. Sempre più urgente “bonificare” da ogni forma di pregiudizio la comunicazione mediatica internazionale, afferma il 6° rapporto Agromafie. “Lo sfruttamento di nomi che richiamano la mafia è un business che provoca un pesante danno di immagine al Made in italy sfruttando – afferma Ettore Prandini presidente della Coldiretti – gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose, banalizzando fin quasi a normalizzarlo, un fenomeno che ha portato dolore e lutti lungo tutto il Paese”.