Famiglia: Iref-Acli, “si è estesa la base della vulnerabilità”. “Nuclei monoreddito sperimentano la fragilità”

“La base familiare della vulnerabilità sembra essersi decisamente estesa” e “apparentemente la crisi è intervenuta a rendere più precarie le traiettorie biografiche delle famiglie e dei loro componenti e ad accrescere la platea dei soggetti a rischio”. È quanto emerge dalla ricerca “Il vero volto della famiglia italiana: un racconto attraverso i dati” realizzata da Federica Volpi e presentata oggi pomeriggio nel corso dell’evento promosso da Acli e Iref a Roma.
L’indagine “evidenzia che la vulnerabilità familiare risulta fortemente connessa alle condizioni lavorative: come già altri studi hanno segnalato, oggi le famiglie monoreddito sperimentano la fragilità, come ieri quelle senza lavoro”. Secondo Volpi, “quest’ultimo, elemento chiave per garantire la sicurezza personale e familiare, non rappresenta più una prospettiva di serenità: precarie le occupazioni, insufficienti le retribuzioni, bassa la qualità delle condizioni in cui viene espletato”. La principale fonte di fragilità è quella occupazionale in un quadro di progressivo impoverimento economico (ma non solo), “che – aggiunge – coinvolge paradossalmente anche le famiglie che un lavoro ce l’hanno, minando la loro capacità di investire, di fare progetti e di generare più di un figlio”. Questa situazione “ha compromesso fortemente la fiducia nel futuro”: in sostanza, sembra che “il fronte della vulnerabilità avanza rapidamente e all’emergenza sociale che ne deriva si deve far fronte, tenendo conto dei problemi ma anche delle risorse di questa parte della popolazione e dei loro familiari”. A ciò si aggiunge il fatto che “l’inadeguatezza dei servizi mina il rapporto di fiducia con il cittadino, che si sente solo ad affrontare le difficoltà e richiede innanzitutto un lavoro di recupero di credito”. In questo ambito “il non profit potrebbe rappresentare una risorsa ancor più importante nel sostegno a tante famiglie nella loro normalità problematica”. Dalla ricerca emerge infine come siano necessari “opportuni interventi che tutelino e promuovano la famiglia, evitando che essa stessa produca iniquità”. Ma “dare risposte di tipo ‘emergenziale’ a chi vive il problema in condizione ‘esistenziale’ di lungo periodo non può bastare. Significa oltretutto non mettere al centro la persona che ha dei problemi, ma trasformarla in categoria”.

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