“L’aspetto più sconvolgente e sconcertante è che questi attentati sono rimasti in larga parte impuniti. E questo perché vi sono state coperture istituzionali ormai documentatissime a livello giudiziario e storico”: Benedetta Tobagi, giornalista e scrittrice, è autrice del volume “Piazza Fontana. Il processo impossibile”. Nei giorni in cui a Milano si ricorda il 50° della strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, che il 12 dicembre 1969 causò la morte di 17 persone e il ferimento di 88, il suo volume torna a far discutere sull’attentato, sui depistaggi che lo seguirono, sui processi che portarono a pochi risultati. Intervistata da Luisa Bove per “Il Segno”, mensile della diocesi di Milano, Tobagi (figlia del giornalista Walter, ucciso dalla “Brigate XXVIII marzo” nel 1980), afferma: “Questo lavoro è il frutto di una ricerca molto ampia e molto lunga, con cui ho voluto proseguire il lavoro, che ormai mi impegna da 10 anni, sulla storia delle stragi politiche in Italia e soprattutto dei loro processi”.
Attentati e stragi che si susseguirono a ritmi impressionanti e, appunto, rimasti spesso impuniti. “Lo stragismo, e piazza Fontana in primis, va inteso nel quadro interno e internazionale dell’Italia di allora. Dobbiamo tenere presente che l’Italia nel 1969 era una Repubblica giovanissima: immaginiamola come una giovane di 23 anni e con un passato molto pesante. La Repubblica italiana infatti era ancora gravata dai retaggi lasciati nel corpo degli apparati di sicurezza della macchina burocratica dello Stato del precedente regime. In Italia – spiega Tobagi – la crescita è velocissima e vorticosa, non solo quella economica, ma anche sociale. In particolare, a partire dal ’68 abbiamo grandissime mobilitazioni e proteste, prima da parte degli studenti e poi dei lavoratori. Ebbene, piazza Fontana giunge alla fine di quello che è stato chiamato ‘l’autunno caldo’”.