America Latina: Caracas, Congresso iberoamericano di teologia. Luciani, “tripla conversione pastorale, sinodale e ministeriale”

“Riforma strutturale e conversione nelle mentalità della Chiesa” è stato il tema del seminario internazionale promosso a Caracas dal Gruppo iberoamericano di teologia. Più di 1.200 persone hanno partecipato all’incontro, durante il quale sono intervenuti 24 teologi provenienti da Germania, Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Italia Messico e Uruguay. Tre le conversioni cui è chiamata oggi la Chiesa, si è detto nel convegno: pastorale, sinodale e ministeriale. Secondo il teologo venezuelano Rafael Luciani, tra i promotori di questi incontri teologici ibero-americani che hanno conosciuto prededenti tappe a Boston, Bogotá, Puebla e Madrid, “la sfida è molto chiara: vincolare la riforma delle mentalità alla riforma delle strutture, lavorare al processo attuale di riforma e al tempo stesso a una revisione organica del Codice di diritto canonico”. Secondo Luciani, “la conversione pastorale rappresenta la radice genuinamente latinoamericana della recezione del Concilio, e la conversione sinodale rappresenta la continuità e l’approfondimento dello spirito conciliare. E da entrambe queste esigenze ne sorge una terza, che possiamo chiamare conversione ministeriale, come è accaduto al Sinodo per l’Amazzonia”. Mentre la conversione pastorale “chiede di cambiare abitudini, stili, orari, linguaggio e la stessa strutture ecclesiale”, la “sinodalità è la dimensione costitutiva e chiave strutturale della riforma”. Perciò, secondo il teologo, si deve parlare di “stile sinodale che dev’essere formato”.
Tra i richiami emersi dal convegno, quello di superare una mentalità clericalista, mentre dal teologo gesuita cileno Jorge Costadoat è venuto un ammonimento: “una Chiesa che non cambia di fronte ai cambiamenti d’epoca si condanna all’inutilità e tenderà fatalmente a convertirsi in una setta”. Ha portato il suo saluto al congresso anche l’amministratore di Caracas, il cardinale Baltazar Porras: “I latinoamericani sono in debito con il pontificato di Francesco. Il Papa non è una cometa, ma porta con sé ciò che ha vissuto in mezzo a noi e che costituisce una nuova aria per il mondo intero e per il cristianesimo”. Pertanto, “non possiamo lasciarlo solo. Da qui il nostro profondo sostegno, che non è un semplice complimento, ma il tentativo di supportarlo con il meglio della nostra Chiesa latinoamericana”. Perché il Papa “non è solo un riformatore che viene a cambiare le cose, ma un profeta nel senso più autentico del termine”.

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