Una delle parole chiave del viaggio in Giappone sarà “vicinanza”. Lo ha rivelato il Papa, dialogando con i vescovi dopo il suo primo discorso nella terra del Sol Levante, nella nunziatura apostolica di Tokyo. “Per la famiglia – ha spiegato – e soprattutto per i sacerdoti e i consacrati, uomini, donne, catechisti che non si scoraggino, che siano vicini al popolo di Dio perché il messaggio arrivi”. A chi gli chiedeva, dopo i viaggi in diversi Paesi dell’Asia, quale contributo della Chiesa asiatica lui si aspetta per la Chiesa universale, Francesco ha risposto: “La prima cosa che mi tocca è la trascendenza. La Chiesa asiatica è una Chiesa con una dimensione di trascendenza, perché nella cultura di questi Paesi c’è
un’indicazione che non tutto finisce qui sulla terra. Questa dimensione della trascendenza fa bene ai Paesi occidentali. Ne abbiamo bisogno”. Poi il Papa ha ripetuto un’osservazione già fatta in precedenza sul ruolo delle governanti filippine nel trasmettere la fede ai bambini di genitori cristiani che non riescono più a comunicargliela: “Così cercano governanti filippine perché parlano inglese e i bambini lo imparano. Ma queste governanti non si limitano ad insegnare l’inglese, trasmettono la fede. E insegnano ai bambini il segno della croce che non avevano imparato dai loro genitori”. Il vescovo di Hiroshima ha donato al Pontefice una maglia da calciatore con il numero 86, in ricordo della data (il 6 di agosto) dell’esplosione atomica che ha devastato la città. A Francesco è stato anche regalato un “balero”, gioco con una pallina legata a una maniglia di legno. Jorge Mario Bergoglio la usava da ragazzo. Il Papa ha quindi raccontato che giocava volentieri a calcio, una sua grande passione, ma con scarsi risultati: “Mi chiamavano ‘patadura’, gamba di legno, e mi mettevano in porta”. A conclusione
dell’incontro Francesco ha invitato i vescovi a rileggere il numero 80 dell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di san Paolo VI, su ciò che distingue il buono dal cattivo evangelizzatore.