Diritti infanzia

Povertà educativa: Buffagni (sottosegretario Sviluppo economico), “inaccettabile che tanti minori sia negata l’opportunità di costruire un domani migliore”

Il 68% degli italiani dichiara di aver sentito parlare di povertà educativa minorile, anche se il 25% degli intervistati ammette di non sapere effettivamente di che cosa si tratti. Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine demoscopica realizzata da Demopolis per l’impresa sociale “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, in vista della Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre e presentato oggi, presso la sede di Acri, a Roma.
Appena un quarto degli intervistati cita tra i fattori di causa il mancato accesso agli asili nido ed ai servizi per l’infanzia. Le apprensioni dei cittadini si focalizzano sull’evoluzione emergenziale del fenomeno, sui casi estremi in cui gli esiti della povertà educativa, negli anni dell’adolescenza, si manifestano in fenomeni di violenza, dipendenze o fallimenti. Del resto, le maggiori preoccupazioni avvertite dagli italiani, con riferimento ai minori, sono fenomeni per lo più adolescenziali: la dipendenza da smartphone e tablet (66%); bullismo o violenza (61%); la crescente diffusione della droga (56%), l’aggressività nei comportamenti (52%).
“La povertà educativa è strettamente legata a quella economica, come viene percepito anche dal 64% dei cittadini, ma il fenomeno ha una portata più ampia. Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile rappresenta una forte innovazione per il Paese, per dare un futuro a minori e famiglie – ha dichiarato il sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico Stefano Buffagni, presidente del Comitato di indirizzo strategico del Fondo -. È inaccettabile che un milione e 200mila minori siano costretti a vivere sotto la soglia di povertà e che in numero ancora maggiore abbiano negate le opportunità di costruire un domani migliore. Stiamo lavorando come Governo per permettere alle tante famiglie di uscire fuori da questa condizione con interventi concreti sul territorio rafforzando il ruolo delle comunità educanti. Come Mise anche attraverso il rilancio delle imprese per garantire lavoro e sviluppo. Il punto però – e qui scatta la complementarietà – è che non si può attendere che i genitori abbiano trovato lavoro per garantire l’educazione e il futuro ai propri figli”.