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Papa Francesco: messa chiusura Sinodo, no alla “religione dell’io”

foto SIR/Marco Calvarese

Un monito a chi “sta nel tempio di Dio, ma pratica un’altra religione, la religione dell’io”. A rivolgerlo è stato il Papa, che nell’omelia della messa celebrata ieri, nella basilica di San Pietro, a chiusura del Sinodo per l’Amazzonia ha affermato: “Tanti gruppi ‘illustri’, ‘cristiani cattolici’, vanno su questa strada” e considerano gli altri come “scarti da cui prendere le distanze”. “Quante volte vediamo questa dinamica in atto nella vita e nella storia!”, ha esclamato Francesco: “Quante volte chi sta davanti, come il fariseo rispetto al pubblicano, innalza muri per aumentare le distanze, rendendo gli altri ancora più scarti. Oppure, ritenendoli arretrati e di poco valore, ne disprezza le tradizioni, ne cancella le storie, ne occupa i territori, ne usurpa i beni”. “Quante presunte superiorità, che si tramutano in oppressioni e sfruttamenti, anche oggi – lo abbiamo visto nel Sinodo quando parlavamo dello sfruttamento del creato, della gente, degli abitanti dell’Amazzonia, della tratta delle persone, del commercio delle persone!”, il riferimento al Sinodo appena concluso: “Gli errori del passato non son bastati per smettere di saccheggiare gli altri e di infliggere ferite ai nostri fratelli e alla nostra sorella terra: l’abbiamo visto nel volto sfregiato dell’Amazzonia”. “La religione dell’io continua, ipocrita con i suoi riti e le sue ‘preghiere’ – tanti sono cattolici, si confessano cattolici, ma hanno dimenticato di essere cristiani e umani –, dimentica del vero culto a Dio, che passa sempre attraverso l’amore del prossimo. Anche cristiani che pregano e vanno a Messa la domenica sono sudditi di questa religione dell’io”. “Possiamo guardarci dentro e vedere se anche per noi qualcuno è inferiore, scartabile, anche solo a parole”, l’invito del Papa: “Preghiamo per chiedere la grazia di non ritenerci superiori, di non crederci a posto, di non diventare cinici e beffardi. Chiediamo a Gesù di guarirci dal parlare male e dal lamentarci degli altri, dal disprezzare qualcuno: sono cose sgradite a Dio. E provvidenzialmente, oggi ci accompagnano in questa Messa non solo gli indigeni dell’Amazzonia: anche i più poveri delle società sviluppate, i fratelli e sorelle ammalati della Comunità dell’Arche. Sono con noi, in prima fila”.