“Il documento finale di questo Sinodo sarà uno strumento molto importante, ma non sarà il documento a determinare i nuovi cammini”. È quanto si legge nel messaggio finale sul Sinodo per l’Amazzonia, diffuso dalla Repam (rete ecclesiale panamazzonica) mentre i padri sinodali stanno votando in aula. Nel testo della Repam, c’è l’invito a “non rimanere intrappolati” nel pensiero di coloro che “non vogliono che cambi niente e che le cose termino qui”, ma anche a “prestare attenzione ai profeti di sventura” e alle loro “categorie autoreferenziali”. La Repam confida che il Papa “possa discernere tutto quello che ha ascoltato da parte nostra in questi due anni (tre con queste tre settimane di assemblea), affinché ci offra la sua parola e i suoi orientamenti nella possibile esortazione apostolica, o in qualunque altro tipo di documento, che potrebbe giungere a marzo del prossimo anno”. “Abbiamo appreso – scrive la Repam – che molte persone si sentono parte essenziale di questo Sinodo dentro l’aula e fuori di essa, pronti a risponedere a sfide come la profonda crisi ambientale”. Tra le voci risuonati forti in aula, la Repam cita quella dei popoli indigeni e delle donne. “Il Sinodo è un processo in cammino, e il “Il miglior modo di navigare queste acque è assumere gli impegni di questo Sinodo, indipendentemente da quello che è contenuto nel documento”, sotiene la Repam: “il vino migliore deve ancora venire”, e la fase post-sinodale “è la più importante”.