Rapporto

Italiani nel mondo: Provenzano (ministro per il Sud), “un Piano per il Mezzogiorno entro fine anno” per “rilanciare le aree interne”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Dopo che si è parlato per molti anni con toni inaccettabili della presunta invasione di immigrati, mettiamo a fuoco la vera questione sociale e democratica che nel nostro Paese torna a essere l’emigrazione dei giovani dal Sud verso il Centro Nord e da tutta l’Italia verso il resto del mondo. Il Governo vuole riavviare un processo di sviluppo che sani le fratture sociali e territoriali”. Lo ha detto Giuseppe Provenzano, ministro per il Sud e la coesione territoriale, presentando stamani a Roma il rapporto “Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes. “Bisogna intervenire nelle aree interne, nelle campagne deindustrializzate. Lì bisogna attuare maggiori politiche di sviluppo, garantire servizi e una possibilità di occupazione che consenta ai giovani di costruire un futuro in quei territori – ha aggiunto -. Noi abbiamo raddoppiato le risorse per la strategia nelle arie interne”. Ricordando che “nella legge di bilancio abbiamo anticipato alcune misure che servono all’impresa e all’industria”, il ministro ha evidenziato che ci sarà un “piano per il Sud” che “l’accompagnerà” e “sarà pronto entro fine anno”. “Riavvierà non solo la possibilità di programmare nuovi investimenti ma, soprattutto, di realizzarli. La sfida non è tanto mettere risorse in bilancio ma spendere bene quelle previste”. Sono cinque le direttrici previste e indicate dal ministro: la lotta alla povertà educativa e minorile; le infrastrutture sociali; rafforzare al Sud il modello di sviluppo degli investimenti green; puntare sullo sviluppo tecnologico e guardare al Mediterraneo “non come un mare di morte ma come un mare di opportunità”. Stimando il “costo sociale” delle emigrazioni dei giovani, Provenzano la considera una “perdita negli ultimi dieci anni di 30 miliardi pagata dal Mezzogiorno”. “È un’emigrazione diventata più precoce per la mancata possibilità offerta ai giovani di sentirsi protagonisti di un processo di cambiamento e per la mancanza di possibilità di lavoro”.