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Sinodo Amazzonia: mons. Pompili, “rendere compatibile lo sviluppo con gli standard di sostenibilità”

(foto Siciliani-Gennari/SIR)

“L’Amazzonia è una donna violata di cui occorre raccogliere il grido”. Ne è convinto mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, uno dei membri del Sinodo per l’Amazzonia scelti personalmente dal Papa, intervenuto al briefing odierno in Sala stampa vaticana. “L’Amazzonia è una metafora della terra, soggetta a vari tipi di violenza”, ha proseguito il vescovo, citando il caso del terremoto che nell’agosto del 2016 ha colpito il Centro Italia, provocando quasi 250 vittime e dimostrando come “il problema del rapporto tra l’uomo e l’ambiente è ancora irrisolto: in una terra ‘ballerina’ come la nostra, serve non solo iniziare la ricostruzione, che 38 mesi dopo è ancora di là da venire, ma occorre una ‘rigenerazione’ fatta su rigorosi criteri ecosostenibili. Se il terremoto del Centro Italia fosse avvenuto in Giappone, sarebbe stato soltanto una pagina di cronaca e non il dramma che hanno vissuto quattro regioni, 174 comuni, decine di migliaia di sfollati”. Questioni come il terremoto o la devastazione dell’Amazzonia, la tesi di Pompili, “chiamano in causa tutti: sono una questione irrisolta all’interno di una questione più grande che anche in Italia, come già accade in America Latina, comincia ad imporsi in quello che una volta veniva definito il Paese dei cento campanili. E tutto questo, per una sorta di esasperata laboriosità economica che tende a privilegiare i grandi centri rispetto alle aree interne”. “Lo sviluppo non è un processo rettilineo che va dal negativo al positivo”, ha fatto notare il vescovo di Rieti: “Dopo la crisi del 2008, ci siamo accorti una volta di più che il progresso non è una freccia rettilinea, ma conosce momenti di default”. Di qui la necessità di chiedersi “come rendere compatibile lo sviluppo con il rispetto degli standard di sostenibilità”.