“Vogliono che scompariamo”. A lanciare un appello per la sopravvivenza dei popoli indigeni, durante il briefing odierno sul Sinodo per l’Amazzonia, è stata Yesica Patiachi Tayori, docente bilingue del popolo indigeno Harakbut e membro della pastorale indigena del vicariato apostolico di Puerto Maldonado, in Perú. “Dov’è l’Onu?”, si è chiesta Yesica: “Dove sono le altre organizzazioni internazionali? Abusi, omicidi, tratta delle persone, maltrattamenti sulle donne: dove possiamo denunciare questi crimini?”. “Noi popoli indigeni siamo e saremo i guardiani della foresta”, ha assicurato: “La casa comune è responsabilità di tutti. Abbiamo paura, perché ci stiamo dimenticando la nostra lingua, siamo asfissiati da modelli di sviluppo che vengono da fuori e non rispettano la vita. Siamo discriminati, considerati come oggetti da vetrina e non come una cultura viva”. “Abbiamo chiesto al Papa – ha reso noto Yesica – che ci aiuti ad essere rappresentati presso le istituzioni nazionali e internazionali, affinché non lascino che ci estinguiamo come popolo e ci consentano di vivere nell’autoderminazione. Siamo noi che viviamo i crimini contro la casa comune: nessun giornalista si è concentrato sulla nostra protesta, sulle madri che sono state perseguitate e assassinate. Non abbiamo nessuna tribuna per denunciare questi crimini. Vogliamo che la nostra causa faccia breccia nella coscienza umana, senza porre in pericolo l’umanità”.