Esortazione

Venezuela: vescovi, “non possiamo essere semplici spettatori”. Per la Chiesa tre ambiti d’impegno

“Noi venezuelani non possiamo essere semplici spettatori di quello che succede nel Paese, poiché siamo cittadini e, come tali, attori sociali di prim’ordine”. Lo scrive la Conferenza episcopale venezuelana, riunita in questi giorni in assemblea a Caracas, nell’esortazione intitolata “Quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Il testo prosegue elencando una serie di situazioni che si vivono nel Paese: politiche che provocano fame, persecuzione politica, repressione militare e di polizia, prigionieri politici, torture, corruzione, inefficienza e inefficacia nella gestione pubblica”. Come cittadini “tocca a noi assumerci le responsabilità che ci competono per migliorare l’attuale situazione e recuperare il Paese, con i sui valori e le sue potenzialità”. Un compito che richiede la “creatività e la mobilitazione” di tutti i settori sociali.
L’esortazione delinea alcuni compiti prioritari per la Chiesa in tale situazione. In primo luogo, “continuare ad aiutare le persone a sopravvivere, sia i più deboli e i meno protetti all’interno del Paese, sia coloro che sono emigrati, cercando lavoro e migliori condizioni di vita, rifugio e asilo”. Il secondo ambito d’impegno è “continuare a operare in difesa e per la promozione dei diritti umani, in particolare di coloro che mancano di tutto, di coloro che sono minacciati di morte, dei perseguitati e di coloro che sono privati della libertà”. Infine, la terza sfida che sta di fronte alla Chiesa, che su questo vuole rafforzare il suo impegno: “Sviluppare programmi di formazione e organizzazione che permettano il recupero delle istituzioni democratiche e la ricostruzione del Paese in modo pacifico”.
I vescovi concludono ringraziando Papa Francesco per “la costante vicinanza e preoccupazione”, espressa anche nel recente discorso al Corpo diplomatico; e così pure le Chiese e i Governi di vari Paesi per la solidarietà e per l’aiuto prestato ai connazionali che sono emigrati.