Migranti

Sea Watch e Sea Eye: mons. Lagnese (Ischia), “stiamo scrivendo una tra le pagine più brutte della storia del nostro Paese e dell’Europa”

Mons. Pietro Lagnese, vescovo di Ischia

“Parafrasando una celebre espressione dello storico Tito Livio si potrebbe dire: mentre in Europa si discute, gli immigrati rischiano di morire in mezzo al mare. Questa è la cruda realtà! Al di là di tutti gli allarmismi e le strumentalizzazioni populiste che si vogliono fare”. Lo dichiara il vescovo di Ischia, mons. Pietro Lagnese, in merito alla vicenda dei 49 migranti sulle due navi Sea Watch 3 e Sea Eye.
Il presule si unisce a Papa Francesco e ai vescovi italiani nel rivolgere “un accorato appello ai leader europei, perché dimostrino concreta solidarietà” nei confronti delle quarantanove persone salvate nel Mare Mediterraneo, a bordo da parecchi giorni di due navi di ong, in cerca di un porto sicuro dove sbarcare.
“L’Europa e la nostra Italia in questa vicenda non ci fanno una bella figura – osserva mons. Lagnese -. Anzi! Stiamo scrivendo una tra le pagine più brutte della storia del nostro Paese e della nostra Europa. Non vorrei che domani – come già per gli olocausti del ‘900 – si dovesse dire di noi: come è stato possibile? Come si arrivò a tanta indifferenza e barbarie?”.
La Chiesa in tutto questo, prosegue il vescovo, “non smette di far sentire la sua voce anche se qualcuno volesse vedere nei suoi interventi una sorta di ingerenza nelle questioni del Paese; anzi, anche se a farlo dovesse rimanere sola, la Chiesa ritiene suo dovere parlare in favore dell’uomo alle coscienze di tutti, politici e non”. E questo perché “la persona” viene “prima di tutto. Sempre e comunque! Non riconoscere alla Chiesa questa possibilità mi sembra espressione di un bieco laicismo”.
Per ciò che riguarda nello specifico Ischia, “penso che in maniera tutta speciale la sua vocazione sia proprio quella dell’accoglienza. San Giovanni Paolo II lo ricordò a noi tutti venendo in mezzo a noi il 5 maggio 2002. Se, per i tanti turisti che vi approdano, Ischia è pubblicamente riconosciuta per la sua vocazione all’accoglienza, credo che ciò debba essere vero anche verso coloro che per necessità chiedono ospitalità, perché privi di casa, pane, pace e lavoro”. Se fosse perciò necessario, il presule ritiene che “Ischia debba fare tutta la sua parte. Il popolo ischitano non dimentichi di aver vissuto sulla propria pelle, solo il secolo scorso, l’esperienza dell’emigrazione verso le Americhe”.
Per parte sua, aggiunge mons. Lagnese, “la Chiesa di Ischia, come già in passato, continuerà perciò a impegnarsi in favore di chi bussa alle porte della nostra Isola perché privo del necessario. E ciò sia promuovendo una cultura dell’accoglienza ed educando all’integrazione e alla solidarietà, sia aprendo le proprie strutture per dare ospitalità in maniera gratuita come negli scorsi anni ha accolto sei richiedenti asilo giunti ad Ischia attraverso i corridoi umanitari promossi dalla Comunità di Sant’Egidio”.