Il legame esistente o da ricreare tra gli attuali strumenti di comunicazione e la comunità cristiana, come comunicare al meglio i diversi ambiti di vita cristiana sapendo che la Chiesa comunica se stessa in ogni suo momento e ambiente (catechesi, liturgia, carità), quale stile e quali modalità di intervento e di dialogo nel contesto della “piazza digitale”, come articolare la comunicazione tra la realtà ecclesiale e i media in casi problematici o situazioni di “crisi” riuscendo a proporre (e a difendere) le ragioni della fede in modo efficace e autorevole senza alzare la voce e i toni: sono stati questi i principali temi toccati durante la tradizionale “due giorni” promossa ieri e oggi, lunedì 7 e martedì 8 gennaio, dai vescovi del Nordest nella “Casa S. Maria Assunta” di Cavallino (Venezia) e allargata a un paio di altri rappresentanti – sacerdoti e laici – per ciascuna delle 15 diocesi della Conferenza episcopale del Triveneto (Cet).
Le relazioni iniziali di Adriano Fabris (docente di Filosofia morale all’Università di Pisa) e don Marco Rondonotti (sacerdote della diocesi di Novara e ricercatore del Cremit dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) hanno offerto il quadro generale del tema “Per una Chiesa che comunica”. Gli ambiti di approfondimento e confronto, in tre gruppi, sono stati poi introdotti e indirizzati da tre apposite comunicazioni, a cura di Vincenzo Grienti (giornalista e digital editor, collaboratore dell’Ufficio della Cei per le comunicazioni sociali), Gigio Rancilio (giornalista, responsabile social e web del quotidiano Avvenire), Martina Pastorelli (giornalista, fondatrice e coordinatrice di Catholic Voices Italia). Nel trarre alcune conclusioni sui lavori della “due giorni”, Piergiorgio Franceschini (responsabile della Commissione triveneta della comunicazioni sociali e che, con l’arcivescovo emerito di Trento mons. Luigi Bressan, ha coordinato l’intero incontro) ha infine rilevato il valore “dello stare nei media e nei social da testimoni – lo stile è sostanza – che hanno qualcosa e Qualcuno di importante a cui rimandare “.
Nell’intervento finale il patriarca di Venezia e presidente della Cet, mons. Francesco Moraglia, ha affermato: “Dobbiamo abitare il mondo dei media e dei social con libertà, consapevoli anche dei nostri limiti. Non sono un assoluto, ma non possiamo ignorarli, non conoscerli o snobbarli. Per questo è importante che la Chiesa si doti delle competenze necessarie facendo entrare di più questa materia e questo ambito nel nostro modo di essere cristiani oggi, a cominciare dai Seminari e dagli Istituti di scienze religiose. Ma sappiamo bene che, alla fine, non basta essere solo competenti; bisogna essere anche uomini e donne di Chiesa ed è necessario riuscire a padroneggiare tali mezzi e strumenti da uomini e donne di Chiesa, con libertà e fiducia”.