Anche in questo primissimo scorcio del 2019 “la politica mondiale sembra perseguire un’agenda all’insegna della divisione, dell’esclusione e della paura” mentre la comunità politica “non sa più come dire il “bene” e come “rappresentarlo concretamente, in opere a servizio delle persone e dei loro ideali più nobili”. Lo sostiene il politologo Maurizio Serio dalle colonne de L’Osservatore Romano in edicola questo pomeriggio con la data di domani, 9 gennaio. Quando “sicurezza e uguaglianza, ordine e libertà, coesione sociale e carità, vengono presentate come contrapposte nella retorica e nella prassi dei politici – osserva -, l’esito di questa falsificazione si ripercuote sulla stessa legittimità dei regimi politici che la tollerano” e il contratto sociale “viene eroso” fino alla “svalutazione delle regole che tengono insieme il nostro stesso ‘stare assieme'”.
A questo proposito, con riferimento in particolare ai “sovranismi” che stanno tentando di infrangere il progetto di integrazione europea, nel suo discorso al corpo diplomatico, fa notare Serio, “Francesco invoca la necessità di ‘soluzioni comuni’, riconoscendo il primato in politica della logica cooperativa su una dialettica meramente competitiva”. Questo “è il grande apporto che la dottrina sociale della Chiesa può dare” e per questo, “ancor prima che politica, la sfida si pone su un più ampio terreno culturale: occorre ribaltare il sospetto che condividere il potere sia lesivo dell’interesse nazionale, perché questioni complesse come quelle poste dall’attuale congiuntura globale possono sperare di trovare soluzioni soddisfacenti solo se si abbandonano i toni della rivendicazione esclusiva di privilegi, dando voce a chi ora non ne ha”. “Si può parlare”, conclude lo studioso, di “conversione” della politica, “a patto però di riferirsi non a vaghe strutture di potere impersonale, ma ad attori concreti, governanti e cittadini, e alle loro responsabilità individuali nell’edificazione della casa comune”.