“A causa della brutale guerra che dura ormai da quattro anni in Yemen, 1,5 milioni di bambini, pari ad almeno 1 bambino su dieci, sono stati costretti a lasciare la propria casa, esponendosi così a gravi rischi come fame, malattie e violenza”. È l’allarme lanciato, in una nota diffusa oggi, da Save the children. “I civili in fuga dalle violenze affrontano viaggi in cui la loro vita è costantemente a rischio – spiega Save the children – . Il pericolo più immediato è la morte o il ferimento a causa di armi esplosive che sono state usate indiscriminatamente da tutte le parti in conflitto”. Il 23 agosto dello scorso anno, 22 bambini e quattro donne sono stati uccisi da un attacco aereo che ha colpito il loro veicolo mentre cercavano di fuggire dai combattimenti a Hodeidah. Più recentemente, almeno otto civili sono stati uccisi in un centro per famiglie sfollate a Hajjah.
Se le famiglie sfollate riescono a sopravvivere ai loro pericolosi viaggi riuscendo a raggiungere zone relativamente sicure, affrontano ulteriori difficoltà nelle comunità di accoglienza o nei campi, privi di adeguate scorte di cibo e di servizi igienico-sanitari di base. Questo mette i bambini a rischio di malnutrizione e malattie in un Paese in cui il sistema sanitario è quasi collassato e circa 14 milioni di persone sono sull’orlo della carestia. Save the children stima che 85.000 bambini sono già morti per fame estrema dal 2015. “Nella più grande crisi umanitaria del mondo, i bambini più vulnerabili sono quelli che sono fuggiti dalle loro case a causa dei combattimenti – racconta Tamer Kirolos, direttore di Save the children in Yemen – . Sono stati costretti a lasciare la scuola e sono a rischio di sfruttamento e abuso”. Per Daniela Fatarella, vicedirettore generale di Save the children, è inoltre necessario che la comunità internazionale intraprenda “passi immediati e concreti per affrontare le cause profonde di questa crisi umanitaria creata dall’uomo, incluso quello di assicurare un accesso completo e senza ostacoli ai beni di prima necessità e quello della stabilizzazione dell’economia yemenita”.