“Gli indici di misurazione della corruzione vengono distinti in due categorie: indicatori soggettivi (o percettivi) e indicatori oggettivi”. Lo ricorda la ricerca “La corruzione tra realtà e rappresentazione. Ovvero: come si può alterare la reputazione di un Paese”, curata da Giovanni Tartaglia Polcini per l’Eurispes, presentata oggi a Roma, a Palazzo Altieri. “Gli indicatori soggettivi si fondano, per lo più – spiega lo studio -, su sondaggi basati su campioni estratti dalla popolazione di riferimento, oppure su indagini ad hoc condotte su esperti”. Indicatori di questo tipo sono “il Corruption Perception Index elaborato da Transparency International, il Control of Corruption Index predisposto dalla Banca Mondiale, il Global Competitiveness Index proposto dal World Economic Forum e l’Eurobarometer elaborato dalla Commissione europea”. Gli indicatori oggettivi di corruzione “sono basati ancora su indagini campionarie, sulla valutazione di proxy (per esempio, i valori osservati nel tempo nel rapporto tra spesa e capitale pubblico) ma anche su statistiche giudiziarie, sulle dichiarazioni dirette di chi ha ricevuto richiesta di pagare una tangente (indagini di vittimizzazione), su rilevazioni fattuali di scostamenti tra costi e output (missing expenditure) o, infine, su audit condotti presso le amministrazioni pubbliche”. Gli indicatori di tipo oggettivo, in realtà, “possono generare una sottostima del fenomeno ogniqualvolta i crimini non vengono scoperti, denunciati e/o perseguiti”. Inoltre, “gli indicatori di tipo giudiziario soffrono di un forte ritardo temporale rispetto al momento in cui il reato e stato commesso”. Secondo la ricerca, “l’indice di percezione della corruzione è destinato a segnare il passo: si apre lo spazio doveroso e necessario per una econometria del diritto, per la giurimetrica della misurazione della corruzione, per una più realistica comparazione tra sistemi”.
La prevenzione della corruzione postula la sussistenza di alcune condizioni fondamentali: tra esse, “la misurazione e la valutazione dell’entità del fenomeno. Emerge quindi la necessita di ridefinire una serie di indicatori accurati e condivisi sul piano internazionale, in grado di sostenere una comparazione dei dati fra Paesi affidabili sul piano ontologico ed utile sotto il profilo operativo/funzionale. Si deve dunque propendere per una ricerca di un indicatore composito”.