“Il prete è chiamato da Dio a stare, prima di tutto, con lui, lasciandosi possedere dall’amore divino. È questo che gli fa vivere la fecondità di un ministero intriso del mistero e dell’agire per Cristo, con Cristo e in Cristo”. Lo ha detto l’arcivescovo di Matera-Irsina, mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, nell’omelia della messa pronunciata ieri sera in piazza san Francesco di Assisi, in occasione dell’ordinazione sacerdotale di quattro nuovi presbiteri Giuseppe Calabrese, Giuseppe Didio, Valerio Latela e Leonardo Rocco Sisto. “Un prete che perda il gusto di vivere in comunione con colui che l’ha chiamato – ha aggiunto il presule – diventa burocrate del sacro, bravo organizzatore di eventi disincarnati dall’annuncio della Parola, in cerca di consensi per sé e non per il bene della Chiesa. Qui si annida il fallimento di un ministero sterile che partorisce vento”. L’arcivescovo ha segnalato che “il prete attraverso il dialogo costante, crescerà, maturerà fino a diventare come un anziano che parla con saggezza”. “Il prete, nonostante la sua giovane età, è padre – ha sottolineato mons. Caiazzo -. Dal momento in cui viene consacrato diventa, paradossalmente, padre di suo padre e di sua madre, quindi dell’intera comunità di credenti. Una paternità che lo responsabilizza e lo rende attento e vicino ai propri fedeli, come un padre e una madre, pronti a sacrificarsi per i figli”. Infine, l’arcivescovo ha indicato la “vera fecondità” alla quale “siete chiamati”: “Una libertà interiore che vi permetta di servire e non di essere serviti, di essere misericordiosi e meno burocrati, di accompagnare e non di essere semplici viandanti, di vegliare costantemente affinché a causa vostra nessuno si allontani da Dio e dalla Chiesa”.