Conferenza stampa

Rapporto immigrazione: Forti (Caritas), “revoca cittadinanza nel decreto? Responsabilità anche di chi non ha approvato la legge”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Al di là del fatto che la revoca della cittadinanza per chi ha commesso reati solleva dubbi di anticostituzionalità, la responsabilità di quanto sta accadendo non è solo di chi ha firmato oggi il decreto Salvini ma anche di chi, durante la scorsa legislatura, aveva la possibilità di approvare la legge e non l’ha fatto”. Lo ha affermato oggi a Roma Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione di Caritas italiana, durante la presentazione del Rapporto immigrazione curato da Caritas e Migrantes, intitolato “Un nuovo linguaggio per le migrazioni”. Secondo i dati del rapporto illustrati da Simone Varisco, della Fondazione Migrantes, negli ultimi tre anni l’Italia risulta “ancora al primo posto tra i Paesi Ue per numero di acquisizioni di cittadinanza”. Ma se nel 2016 sono state oltre 201.000, al 31 dicembre 2017 le acquisizioni di cittadinanza sono scese a 146.605 (di cui il 50,9% donne) con un calo del 27,3%. Rispondendo alle domande dei giornalisti, Forti ha osservato che “il tema dell’immigrazione è purtroppo un grimaldello che funziona in termini di consenso in ogni ambito del dibattito pubblico, a detrimento di una parte della comunità”. Il giornalista del Tg1 Paolo Di Giannantonio ha poi lanciato una provocazione: “Per quale motivo nel Paese più cattolico del mondo il favore delle urne è andato a partiti che fanno una politica razzista?”. Ha perciò invitato “a stare accanto alle frange sociali più deboli che subiscono e vengono travolte dall’impatto del fenomeno immigrazione, per non facilitare questa guerra tra poveri. Altrimenti il dibattito mediatico sarà sempre polarizzato tra chi fa vedere solo il nigeriano che violenta e chi, al contrario, solo la nigeriana che muore in mare”. Il sociologo Mario Morcellini, commissario Agcom, ha ammesso che se i trend migratori degli ultimi 20 anni erano chiari “ci è completamente sfuggita la profondità del cambiamento della società, sempre più legata alla formula della ‘public ignorance’, con l’ignoranza diventata arroganza”.