Beni culturali
La riapertura della Cappella della Sindone nel duomo di Torino “può essere un’occasione importante per riscoprire la profondità del mistero della Sindone in favore di un processo di conversione e di rinnovata fede”. Lo ha detto questa sera l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nel corso dell’omelia nella messa celebrata per l’evento. “La Sindone – ha spiegato – può aiutare ad andare oltre il proprio travagliato vissuto e a scoprire che c’è un messaggio di morte e di vita strettamente congiunte nella vicenda storica di Cristo e della sua Passione e morte: e questo apre il cuore, la mente e la parte più intima e profonda di ciascuno alla fede e alla speranza”.
L’arcivescovo ha poi proseguito: “Insieme a Papa Francesco, possiamo ben dire che non siamo noi che guardiamo quel Volto, ma che fissandolo ci sentiremo guardati e invitati a non passare oltre, con superficialità, a tanta sofferenza attorno a noi e nel mondo. È la prova più toccante che lui, il nostro Signore e Redentore, non ha voluto passare oltre la nostra miseria: ha voluto invece condividere ogni nostra sofferenza. Per mezzo di questa intensa esperienza d’amore, egli ci invita a uscire fuori dell’accampamento, fuori delle nostre pigre sicurezze, per andare ad annunciarlo a un mondo che ha bisogno di lui senza rendersene conto”.
“Tutto questo – ha detto ancora Nosiglia –, ci torna in mente in questi giorni in cui celebriamo la riapertura della rinnovata Cappella del Guarini. La sua bellezza artistica non deve farci dimenticare che il Guarini l’ha voluta così, come la vediamo ora, perché doveva accogliere e conservare il tesoro della Sindone. Non possiamo separare la Cappella dal sacro Telo: altrimenti, non ne comprenderemmo il significato, anche artistico, e la sua bellezza. La cappella del Guarini c’è ed è così, perché doveva essere come lo scrigno che avrebbe contenuto la sua perla più preziosa, la Sindone stessa”.
Nosiglia ha quindi evidenziato che “l’immagine del Santo Volto ricorda la bontà di Dio manifestata nella nostra vita attraverso tanti doni, che ognuno ha ricevuto nei passaggi provvidenziali della propria vicenda; al contempo, è ricordo anche del dolore che abbiamo procurato al Figlio di Dio presente in ogni uomo sofferente e scartato, con le cattive scelte operate lungo il nostro cammino”. L’arcivescovo ha poi sottolineato che “salgono spontanei dal cuore, pertanto, la preghiera di ringraziamento e insieme l’impegno a non disperdere un patrimonio che abbiamo ricevuto gratuitamente e siamo dunque chiamati a valorizzare in tutti i suoi aspetti religiosi, culturali, artistici e sociali. Ma, come ci offre il gioco artistico dei cerchi della cupola del Guarini, che si intrecciano a spirale salendo fino al bagliore del cielo, lo sguardo sulla Sindone si allarga ben al di là della nostra cerchia personale, non appena cerchiamo di entrare nella prospettiva del Redentore e prendere consapevolezza dei bisogni e delle sofferenze di ogni genere che travagliano l’umanità intera nel nostro tempo. Il piano di Dio, creatore e Padre, che ha affidato all’uomo la cura del creato, dotandolo di ricchezze di ogni genere, è contrastato da un egoismo che crea disuguaglianza e disperazione in chi è debole, indifeso, sofferente”.
“L’incontro con la Sindone – ha poi aggiunto –, ci fa sperimentare la mite presenza della carità totale, dimentica di sé, misericordiosa. E questo rappresenta un continuo invito a farci solidali con la sorte di quanti sentono venir meno forze fisiche e forze morali e sentono salire intorno a sé il freddo dell’abbandono e, nel loro cuore, il freddo della disperazione”.