Missionari

Rapimento padre Maccalli: Acs, “non dimentichiamolo”. Il volto del sacerdote al posto del logo Acs

Padre Maccalli (foto Acs)

“Non lasceremo che il mondo si dimentichi di padre Maccalli. Aiuto alla Chiesa che Soffre da oggi cambierà l’immagine dei suoi profili social per tener desta l’attenzione sul caso. Vogliamo che padre Gigi torni a casa al più presto”. Così Alessandro Monteduro, direttore Acs-Italia, descrive la nuova azione di sensibilizzazione della Fondazione pontificia, che ha posto una foto del religioso appartenente alla Società delle Missioni Africane come immagine dei suoi profili Facebook, Twitter e Instagram. “Dopo i primi giorni di attenzione, la vicenda è scomparsa dai nostri media. Ma noi vogliamo impedire che si crei l’ennesimo muro di silenzio e indifferenza. Quindi sostituiamo l’immagine del nostro profilo con quella di padre Maccalli. Se qualcuno vorrà unirsi a noi, ne saremo felici”. Intanto dal Niger non vi sono purtroppo novità, come conferma ad Acs padre Mauro Armanino. “Questi gruppi in genere non rivendicano i sequestri – afferma il confratello di padre Maccalli – noi continuiamo a sperare e a pregare, pur sapendo che vi sono altri ostaggi di cui da tempo ormai non si hanno notizie”. Lo scorso aprile infatti un operatore umanitario tedesco è stato rapito al confine nigerino con il Mali, nell’area in cui nell’ottobre 2016 era stato sequestrato un cooperante statunitense. La sorte di entrambi è tuttora sconosciuta. Come riferisce padre Armanino, la situazione in Niger è nettamente peggiorata negli ultimi anni. “Il Paese è praticamente accerchiato da gruppi jihadisti”. A nord infatti vi è la Libia “una polveriera di gruppi armati e tribù che lottano per l’egemonia” con una forte presenza dello Stato Islamico. A sud la Nigeria da cui, specie dalla regione del Lago Ciad, giungono gli uomini di Boko Haram. Ad est il Mali, dove dopo il colpo di stato del 2012 vi è una forte presenza di Al Qaeda nel Maghreb islamico. “E da diversi mesi, se non di più, anche la zona vicina al Burkina Faso, dove è stato rapito padre Pierluigi, è divenuta pericolosa”. Qui infatti hanno iniziato ad essere sempre più presenti i pastori islamisti di etnia fulani, plausibilmente autori del sequestro del sacerdote. Ma se il Niger è accerchiato dai jihadisti, all’interno del Paese negli ultimi anni l’Islam praticato dal 95,7% della popolazione si è andato sempre più radicalizzando. “Le confraternite sufi tipiche di un Islam piuttosto tollerante stanno cedendo il posto al salafismo giunto dalla Nigeria, ma anche attraverso investimenti di Paesi quali Qatar e Arabia Saudita che finanziano moschee e scuole coraniche”. Simbolo di un Islam sempre più intollerante sono le violenze anticristiane scatenatisi in Niger nel gennaio 2015, quando in seguito alla strage nella redazione della rivista satirica Charlie Hebdo, musulmani hanno bruciato o distrutto almeno 45 chiese. “Da allora vi è stato da parte della comunità islamica il tentativo di affermare la propria identità a scapito del dialogo. La fiducia dei cristiani nei loro vicini musulmani si è incrinata ed il rapimento di Pierluigi, un uomo che ha fatto del bene a entrambe le comunità religiose, non è che un’ennesima ferita”.