Detenuti e minori

Bimbo gettato dalle scale a Rebibbia: lo “sconcerto” della Fict. Squillaci, “per una società educante bisogna investire le giuste risorse”

“Sconcerto è la parola che più efficacemente identifica il sentimento che proviamo di fronte alla notizia della madre detenuta che ha ucciso la figlia nel carcere di Rebibbia e ferito il fratellino maggiore. Sconcerto perché la società di cui facciamo parte si pregia di voler essere ‘educante’ ma, di fatto, non appronta tutte le risorse necessarie a questo ruolo”. Così Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict), commenta quanto successo ieri nel carcere di Rebibbia. “Quello che maggiormente indigna non è la volontà del legislatore di addolcire la detenzione rendendola più simile ad una realtà abitativa che dia il senso di comunità, bensì la mancata volontà di evitare il passaggio carcerario per esseri innocenti”, aggiunge Squillaci, per il quale “se da un lato si tende a mantenere in vita il rapporto madre-figlio, dall’altro si infligge ai minori il trauma della restrizione della libertà”.
Dopo aver ricordato la possibilità di poter ricorrere a misure alternative, il presidente della Fict osserva che “l’attuale orientamento politico sembra voler percorrere, però, l’impervia strada della sicurezza attraverso la riduzione di tali possibilità, invocando la certezza della pena inasprendola per quei reati di particolare allarme sociale e riducendo l’accesso alle misure alternative che, statisticamente ed inequivocabilmente si sono dimostrare un fattore di riduzione dei comportamenti delittuosi recidivanti per chi ne ha usufruito”.
Squillaci richiama il concetto di “società educante” quale “valore che sembra stemperarsi nella paura e nella diffidenza nei confronti del diverso, richiamando la società a quel senso di responsabilità legato alla solidarietà ed alla necessità di rappresentare una comunità inclusiva e non esclusiva, evitando così di creare vittime innocenti di errori altrui”.
“La nostra Federazione da sempre, con le oltre 50 sedi operative individuate per decreto del ministero della Giustizia per l’affidamento di imputati in misura cautelare e condannati in misura alternativa, offre risposte che – conclude – si pongono in linea con il valore di ‘società educante’ che crea sicurezza e benessere sia agli individui che alla collettività”.