Messa in suffragio

Sergio Marchionne: mons. Nosiglia (Torino), “è stato per tutti uno sprone a non perdere mai la speranza”

La precarietà della vita e la forza della speranza. Ma anche la grande capacità professionale e la carica umana. Sono questi i temi toccati dall’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nell’omelia pronunciata in occasione della messa di suffragio per Sergio Marchionne (l’ex ad di Fiat-Fca morto alla fine dello scorso luglio).
In una cattedrale gremita di grandi nomi delle istituzioni e dell’economia – presenti anche i familiari di Marchionne –, ma anche di gente comune e di numerose delegazioni di operai provenienti dai diversi stabilimenti Fca in Italia, Nosiglia ha spiegato: “La vita e la morte non ci appartengono e, per quanto facciamo, non riusciremo mai ad allungare la vita di un solo secondo, senza che Dio voglia. Sì, ci ricorda Ungaretti, noi ‘si sta come d’autunno sugli alberi le foglie’. I saggi hanno sempre detto, in ogni cultura e religione, che accettare e ricordarci della precarietà della vita è il primo passo sulla la via della vera saggezza”.
Ancora Nosiglia ha sottolineato poi come “quando guardiamo alla vita che conducono i ricchi e i potenti, ci sembra sempre che essi non abbiano problemi; non siamo portati ad accorgerci dei loro drammi personali e umani. Ma poi, quando arriva una malattia incurabile, a cui segue repentina la morte, allora emerge la solitudine che ha provato anche il Figlio di Dio sulla croce, quando grida: ‘Dio mio Dio mio, perché mi hai abbandonato?’”.
Ricordando quindi il Libro della Sapienza, Nosiglia ha detto che “esso afferma che i giusti, che hanno agito con giustizia e lealtà e con impegno non solo per se stessi, ma anche per gli altri, sono nelle mani di Dio e nessun tormento o rimpianto li abbatterà”.
“È per questa certezza – ha spiegato l’arcivescovo –, che siamo qui, in una chiesa, luogo di preghiera e di ascolto della Parola del Signore, e vogliamo ringraziarlo per averci donato una persona come Sergio Marchionne, ricco di doni particolari, frutto certo della sua intelligenza e professionalità, ma anche di Dio, perché i tanti talenti, che egli possedeva, gli derivavano anche da quel Padrone che ce li ha donati e ci chiederà conto di come li abbiamo utilizzati”.
Parlando poi dell’azione di Marchionne in favore di Fca, l’arcivescovo di Torino ha detto: “Possiamo ricordare il suo coraggio, la sua intelligenza – anche spregiudicata a volte –, il cammino della sua vita, lungo il quale ha conosciuto bene la condizione difficile dell’emigrato. Un cammino in cui ha imparato la tenacia necessaria per guadagnarsi i suoi talenti, attraverso lo studio e il duro lavoro, facendoli poi fruttare nelle situazioni in cui la vita lo ha portato. A Sergio Marchionne è stato affidato un patrimonio glorioso, nel momento in cui era più gravemente compromesso. C’era bisogno non solo di risanare conti economici ma, insieme, di ricostruire il senso della ‘fabbrica’ in rapporto alla città che con la fabbrica era cresciuta e sulla fabbrica aveva costruito il suo destino di metropoli”. E poi ancora: “Il suo lavoro, a Torino come in America, è stato per tutti uno sprone a non perdere mai la speranza, ci ha aiutato a comprendere che dobbiamo continuamente fare i conti con la nostra storia, ma che non dobbiamo aver paura del nuovo, dell’aggiornare i nostri orizzonti; dobbiamo considerare le difficoltà come opportunità su cui scommettere, non accontentandosi mai dei risultati raggiunti ma guardando in avanti verso nuovi e ambiziosi obiettivi”.