Assunta

Migranti: mons. Perego (Ferrara), “non abbandonare alla morte tanti fratelli e sorelle”

“Paolo, che parla nel grande porto di Corinto, ci ricorda che l’Assunta è sinonimo di risurrezione, di vita, di pace. Chi ha fede in Gesù e si affida a Lui risorgerà, la sua vita avrà una fine nell’abbraccio con il Padre. Se queste parole dal porto di Corinto arrivassero nei nostri porti, dove morte e vita si affrontano, chiuderemmo o spalancheremmo i nostri porti?”. Lo affermerà l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Gian Carlo Perego, nell’omelia della messa dell’Assunta, che celebrerà stasera nell’abbazia di Pomposa. “Se per ogni persona il destino è la risurrezione e la vita – aggiungerà il presule nell’omelia anticipata al Sir – come credenti potremmo accettare di abbandonare alla morte tanti nostri fratelli e sorelle? Il porto non è il luogo da cui guardare la città, ma è il luogo da cui si guarda il mare e chi arriva dal mare”. Continuando a indicare il percorso dei migranti, trasfigurato alla luce della Sacra Scrittura, l’arcivescovo indicherà il deserto nell’Apocalisse come “il luogo per fuggire dal male, grazie alla protezione di Dio”. “Oggi, purtroppo, siamo abituati a vedere e a denunciare immagini di un deserto, tappa di un cammino, di una fuga dalla morte da parte di donne e uomini, che diventa luogo della tratta degli esseri umani, della violenza e degli stupri: non rifugio, ma tomba”. Immagini che “purtroppo rischiamo di non vedere”, “distratti da interessi che la politica orienta altrove: sulla propria illusoria sicurezza, sul proprio egoismo, sulla propria nazione, sulla propria città”. “Il deserto oggi non è luogo di protezione, ma di offesa, di disprezzo – ribadirà il presule -. Il deserto è il luogo dove vorremmo che altri si fermassero. Per la donna dell’Apocalisse, invece, il deserto è il luogo per fuggire dal male, per salvare la vita propria e di suo figlio: è il luogo della salvezza”. Infine, un monito rivolto a tutti i cattolici. “Troppe volte la nostra fede si stacca dalla vita e non sa giudicare gli eventi, i drammi delle persone di oggi, con gli occhi della fede, ma rischia di guardare con gli occhi dell’egoismo, dell’interesse personale, della paura”.