È necessario “affrettarsi a ridurre, ed in prospettiva a rimuovere, l’inevitabile pressione che un elevato debito pubblico pone sui tassi di interesse e sulla complessiva stabilità finanziaria del Paese; un passo reso oggi più urgente anche proprio per le nuove proiezioni circa gli effetti di lungo periodo delle tendenze demografiche”. Lo afferma la Corte dei conti nella Rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica, illustrato oggi a Roma. “Il triennio 2018-2020 – spiega il Rapporto – si presenta come un’eccezionale finestra, dal punto di vista delle opportunità offerte dal contesto macroeconomico alla riduzione del debito: il congiunto operare della ripresa dell’inflazione e del permanere del costo medio del debito su livelli particolarmente bassi, dovrebbe garantire, diversamente dal passato, un differenziale favorevole tra crescita economica e costo del debito”.
Indispensabile è anche una riforma strutturale dell’attuale sistema tributario che appare “il risultato non di una strategia organica, ma di una stratificazione di interventi spesso tra loro disomogenei che, in alcuni casi, finiscono proprio per penalizzare le fasce di reddito più basse”. Secondo la Corte dei conti “le modalità di prelievo che hanno caratterizzato negli ultimi anni la politica tributaria (il recupero di base imponibile sottratta a tassazione, l’anticipazione di quote di gettito futuro e misure di attenuazione del prelievo di natura straordinaria) sono state dettate dall’intento di riequilibrare e, ove possibile, alleggerire l’onere fiscale, e di far fronte ai vincoli di bilancio senza ricorrere ad effettivi inasprimenti fiscali”. “Scelte giustificate dalle esigenze poste dalla crisi”, sottolinea il Rapporto, ma “non esenti da rischi” e che “non sostituiscono la necessità di una più strutturale rivisitazione del sistema impositivo per renderlo coerente con una maggiore equità e con un più favorevole ambiente per la crescita”.