
“Colpiremo chi sfrutta Stato e lavoratori. I veri imprenditori possono stare tranquilli. Era necessario porre un freno all’utilizzo smodato e incontrollato del contratto a tempo determinato”. Lo afferma il ministro dello Sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali Luigi Di Maio, in un’intervista sul nuovo numero di Famiglia Cristiana, in uscita domani. “Ho voluto fortemente il decreto Dignità perché occorre rimettere al centro le persone e i loro bisogni nelle scelte politiche – spiega Di Maio -. In questi anni si è creata occupazione precaria, instabile che mina la serenità delle persone. Incontro ogni giorno ragazzi della mia età che non riescono a formare una famiglia, che vivono con l’ansia del domani e hanno problemi di accesso al credito per acquistare una casa, per esempio, perché vivono nella precarietà del lavoro. Mettere un freno ai contratti a termine serve a rendere più stabile il lavoro, vuole ridare fiducia a una generazione che è stata abbandonata. Dare la possibilità alle giovani coppie di poter immaginare un futuro e poter mettere su famiglia”. E agli imprenditori dice: “Le imprese che stanno sul mercato, quelle fatte da imprenditori che conoscono l’importanza del lavoro e premiano i dipendenti per le loro qualità, non hanno nulla da temere, questa è una legge che aiuta le imprese, con più stabilità del lavoro aumenterà la propensione alla spesa e le imprese sane usufruiranno dei benefici del mercato. Gli unici che saranno colpiti sono quelli che chiamo “prenditori”, quel management che vuole solo sfruttare lo Stato e i lavoratori per aumentare i propri profitti”. Porte aperte alle “imprese straniere che vogliono investire in Italia, perché creano lavoro e opportunità”. E porte chiuse nei negozi durante le feste e i fine settimana: “Il riposo domenicale è un diritto sacrosanto – afferma -. Il tessuto sociale e familiare ha bisogno di tempi di confronto. La famiglia deve poter avere un momento di confronto e crescita al proprio interno. È un tema che mi sta molto a cuore e che abbiamo portato avanti anche in Parlamento nella scorsa legislatura. Non abbiamo proposto di imporre la chiusura domenicale tout court, ma pretendiamo che nell’arco dei 365 giorni che ci sono in un anno, ci siano almeno 6 giorni in cui gli italiani sanno che possono dedicarsi ai propri figli, alla propria famiglia. E oltretutto la scelta di eliminare il riposo festivo si è dimostrato antieconomico per i piccoli commercianti. Per cui non c’è nessun motivo di perseverare nell’errore. Anche il Santo Padre, del resto, si è espresso più volte sull’importanza del riposo domenicale e festivo. Siamo pronti ad accogliere questo suo invito”.