Cultura dello scarto

Sinodo Amazzonia: documento preparatorio, popoli indigeni “vittime di un neocolonialismo feroce mascherato da progresso”

“I popoli originari amazzonici non sono stati mai così minacciati come adesso”. Il documento preparatorio del Sinodo per l’Amazzonia prende a prestito le parole pronunciate dal Papa a Puerto Maldonado, nel suo viaggio in Cile e Perù, per ricordare che “nella sua storia missionaria, l’Amazzonia è stata luogo in cui si è testimoniato concretamente cosa significa stare sulla croce, addirittura essa è stata molte volte luogo di martirio”. “Oggi, purtroppo, esistono ancora tracce residuali del progetto colonizzatore che ha generato rappresentazioni di inferiorità e di demonizzazione delle culture indigene”, il grido d’allarme: “Queste tracce indeboliscono le strutture sociali indigene e rendono possibile il fatto che essi vengano privati delle loro conoscenze intellettuali e dei loro mezzi di espressione”: così gli abitanti diventano “vittime di un neocolonialismo feroce, mascherato da progresso”. Nei nove Paesi che compongono la regione panamazzonica si registra la presenza di circa tre milioni di indigeni, che rappresentano quasi 390 popoli e nazionalità differenti, si ricorda nel testo, in cui si citano anche i “Piav”, o “popoli liberi” – fra i 110 e i 130 Popoli indigeni in isolamento volontario – e la nuova categoria costituita dagli indigeni che vivono nel tessuto urbano, “alcuni dei quali restano riconoscibili mentre altri in quel contesto tendono a dissolversi e per questo sono chiamati invisibili”. “Ognuno di questi popoli rappresenta un’identità culturale particolare, una ricchezza storica specifica e un modo peculiare di guardare la realtà e ciò che li circonda, nonché di rapportarsi con tutto questo a partire da una visione del mondo e da un’appartenenza territoriale specifiche”, il monito del documento, in cui si fa presente che “oltre alle minacce che emergono dall’interno delle loro culture, i popoli indigeni hanno subito forti minacce esterne fin dai primi contatti con i colonizzatori”. “Contro tali minacce i popoli indigeni e le comunità amazzoniche si organizzano, lottando per la difesa della loro esistenza e delle loro culture, dei loro territori e dei loro diritti, e della vita dell’universo e della creazione intera”, l’analisi dello scenario attuale, in cui “i più vulnerabili sono i Piav, che non possiedono strumenti di dialogo e di negoziazione con gli agenti esterni che invadono i loro territori”. Negli ultimi anni, tuttavia, “i popoli indigeni hanno iniziato a scrivere la loro storia e a descrivere in modo più preciso le loro culture, abitudini, tradizioni e saperi. Hanno scritto sugli insegnamenti ricevuti dai loro antenati, genitori e nonni, insegnamenti che rappresentano memorie personali e collettive”. A fronte di questo processo d’integrazione, “sorgono organizzazioni indigene che cercano di approfondire la storia dei loro popoli, per orientarne la lotta per l’autonomia e l’autodeterminazione”. “Nessuna iniziativa può ignorare che il rapporto di appartenenza e di partecipazione che chi abita in Amazzonia stabilisce con il creato fa parte della sua identità e contrasta con una visione mercantilista dei beni della creazione”, si legge nel testo, sulla scorta della Laudato si’: in molti di questi contesti, “la Chiesa cattolica è presente mediante missionari e missionarie impegnati nelle cause dei popoli indigeni e amazzonici”.